Una dichiarazione d’amore

Ho passato un’oretta da papà e mamma, questa mattina verso l’ora del desinare. Piccoli lavoretti, piccole parole, piccoli gesti. Mamma mi racconta dei pannoloni, delle tribolazioni pratiche nel curare un uomo molto anziano, mite, buono, che è al di là della malattia.

Credo che, a parlarmi, mamma si senta un poco sollevata. Io mi guardo intorno e non vedo più davanti a me coloro che sempre, comunque e senza condizioni sono stati dalla mia parte. Ovvero li vedo, ma li vedo deboli, debolissimi.

Questi momenti con loro mi infondono dolcezza, mi infondono mitezza. Non so se sono stato un bravo figlio o no; ma loro certamente sono stati bravi genitori, nei loro limiti di conoscenza e tempo.

Mi ripeto, lo so. All’età mia le scoperte ci sono ancora – #ciapatravers ha del resto un significato molto preciso –, ma altrettanto importante è guardare il tempo che è passato. Allora mi ripeto, perché le novità sono importanti ma altrettanto importanti sono le cose che si sono fatte, le parole che si sono dette, i gesti d’amore.

Ho parlato con papà. Lui fa fatica (ma questo lo sappiamo già). I suoi occhi sono occhi vivi. Direbbe Saba, parlando delle “creature della vita / e del dolore”:

S’agita in esse, come in me, il Signore.

Guardando queste due vite, quest’uomo e questa donna, e in particolare la vita di quest’uomo buono che si sta spegnendo, capisco che il mio cuore è un luogo pieno di vita, un luogo che esiste perché esistono papà e mamma. Disse Eduardo nella sua ultima apparizione pubblica (Taormina, 15 settembre 1983):

Anche stasera mi batte il cuore. E continuerà a battermi pure quando si sarà fermato.

E Nelo Risi scrisse della propria madre:

Rinunceremmo alla memoria
per prolungarti in vita
e non in morte, cara.

Per caso mi è venuto in mente in questi giorni il periodo in cui, avevo vent’anni circa, scappavo di casa a ogni occasione. Ora vedo queste due persone care, questi vecchini miti, e mi sento fortunato a poter varcare la soglia dell’uscio di casa loro e trovarli vivi. So che presto sarà il vuoto dentro; e anche Montale, parlando della Mosca, ha una parola per questo:

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Un giorno, molto presto, guarderò innanzi a me e mi vedrò il primo della fila. Mi sentirò perso, non avrò direzione. Ma fino a che papà e mamma avranno un alito di vita ci sarà qualcuno che, sempre, comunque e senza condizioni o domande, sarà dalla mia parte.

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