Metti che degli amici carissimi ti invitano per un fine settimana in un angolo di paradiso e storia in Lunigiana, un luogo che tu non conosci se non per gli echi letterari (lontanissimi) delle vacanze pavesiane degli anni Quaranta.
Metti che in quel luogo abitano 17 persone – uno dei tanti borghi che fanno l’Italia. E non è un borgo qualunque, ma un borgo incantato, magico, pieno di storia. Un borgo che è rinato negli anni Settanta per la testarda volontà di un uomo che è un fine letterato, un appassionato cultore di quell’angolo di mondo e una persona perbene.
E tuttavia tu, che procedi spesso in senso inverso, sei più attratto da un’altra storia, quella di Rodolfo. (Penso ai Promessi sposi e alle storie piccole degli uomini come noi, storie che si incrociano con storie grandi che in fondo comprendiamo poco e che ci riguardano punto.)
Rodolfo avrà la mia età grossomodo – ma l’età non è importante – e, calabrese di nascita, ha fatto il salto, anni fa, per arrivare nella periferia di Milano. Poi ha conosciuto quelle terre, ha fatto due più due e davvero ha fatto fare alla sua vita un salto di categoria.
Be’, gli ho parlato per un minuto soltanto ma non ne servono di più, davvero. Le storie piccole sono grandi storie quando sono significative. Meglio prigioniero in un palazzone infinito nell’hinterland di Milano o libero in prossimità di un bosco?
Ritornare selvatici. Ci arriviamo – per forza.
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