Senza apparire stucchevoli

Parlare di felicità, ok.

Come ho detto più volte, passati i quarant’anni mi ha colto una sorta di conoscenza maggiore dei meccanismi che regolano il mondo (almeno così penso io), e da allora ho cercato di mettere questa mia serenità d’animo a beneficio innanzitutto delle persone che mi sono vicine e care, e poi di chiunque abbia voglia di starmi ad ascoltare e di dialogare con me. L’ho fatto con il libro, lo faccio con i vari blog, con la mia pagina Facebook eccetera.

C’è un pericolo, però: a dire agli altri cosa dovrebbero fare diventi antipatico. E ti prendono pure in giro. Oppure ti dicono che vivi nel mondo delle favole. Insomma potresti diventare stucchevole, il guru che rispecchia il detto ‘chi sa fa, chi non sa insegna’.

Anche Rita Levi-Montalcini dice che la felicità è una cosa da bambini.

Ma io non sono un Giovannino heartless, per citare Luciano Erba e quella splendida poesia che è Quando penso a mia madre. Già che ci siamo, per quanto esuli dal discorso, rileggiamola:

Nulla ho scritto di te quando sei andata
e poco ho scritto dopo, il lungo dopo.
Ritorni solo nei sogni di ogni notte
o, il giorno, a caso, nell’aria di via B.
dopo che è nevicato e si respira;
o in una luce pomeridiana di persiane socchiuse
e vi è il fruscio di giornale di grande formato;
o in qualche nome di luogo che mi si ferma in gola.
Tutto qui? Non accetto la morte mi si dice.
È vero, e non riapro i tuoi cassetti, non rileggo
le tue lettere. Che io sia
nient’altro che una pietra
un Giovannino heartless?
Quanto tempo mi resterà ancora per imparare
a sorridere e amare come te?

Io non sono un Giovannino heartless, no no. La mia felicità si riflette per prima cosa nella mia famiglia: mia moglie e le bambine hanno imparato da me. E il contrario è vero alla stessa maniera, tant’è che il libro è dedicato “a Roberta e Michela, patatin e frangojëtta, per tutto ciò che imparo da loro”.

E ci sono gli amici, la cerchia allargata di conoscenze e così via.

Ma poi chi ha detto che io non ho le mie magagne, le mie difficoltà? Non io: i miei tremila difetti sono tutti qui, e li conto e li conosco uno per uno. Ma ho imparato ad apprezzarli, persino; ad apprezzarmi, a volermi bene, a volere bene, a godere dei momenti.

Sono cose piccole, lo so. Cose da bambini, forse. Ma intanto ci sono delle positività che so di poter trasmettere a chi vuole ascoltarmi. E chi non vuole, io non mi offendo.

Senza contare, per chiosare, ciò che dice Jakob Burak:

Il segreto del successo, secondo me, è che non c’è nessun segreto, e chiunque arrivi in cima si accorge che non c’è nessuna cima. La decisione più difficile per un uomo di successo è rinunciare alla propria strepitosa capacità di accumulare denaro per fare spazio a una vita più equilibrata, più umile, nella quale avere il tempo per dedicarsi a cause che con gli affari non hanno niente a che vedere.

Non c’è nessuna cima, ma ci sei tu. Ti pare poco?

Commenti

Luca Testa ha detto:

Le persone felici possono dare fastidio, perche’ mettono in luce (involontariamente) le nostre piccole insoddisfazioni e la nostra infelicita’.

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