Responsabilità = felicità?

Pensavo in questi giorni al concetto di responsabilità, e di come sia legato alla felicità.

Responsabilità anche per cose minime, come decidere un ristorante per la sera, una bottiglia di vino piuttosto che un’altra e così via (e a fortiori, ovviamente, per le cose grandi della vita). Responsabilità sempre, per tutte le decisioni di qualunque tipo che continuamente ci troviamo a dover prendere.

Mi pare che una delle ricette della felicità sia proprio quella di prendersi la responsabilità delle cose che si fanno: si sbaglierà all’occasione, certo, ma sarà stato per demerito/errore proprio e non per caso, sfortuna eccetera.

(Io sono l’arbitro e l’artefice del mio proprio destino, insomma.)

Ma il più delle volte accadrà il caso contrario: soprattutto nelle cose minime, dove qualunque decisione è meglio di nessuna decisione, si avrà soddisfazione derivata dalla propria scelta. E a maggior ragione nelle cose grandi, dove le decisioni fanno la differenza.

Non è facile, naturalmente. È più semplice e immediato delegare la responsabilità della decisione al nostro vicino. Ma è un abito mentale che si può imparare – cominciando dalle cose minime e senza importanza, appunto –, e una volta che diverrà abitudine la felicità derivata sarà una lineare e meravigliosa conseguenza.

Commenti

kim ha detto:

Concetto interessante. In realtà, quando ho letto il titolo pensavo che la premessa fosse negativa. Responsabilità=Infelicità. Tendo più a legare il concetto di responsabilità a quello di potere. Ad esempio in ambito lavorativo, una persona che ha potere in un’azienda ha anche grosse responsabilità, obiettivi da raggiungere, persone da gestire, direzioni da imporre. E di conseguenza moltissimo stress, preoccupazioni, tanto tempo da dover dedicare alle decisioni da prendere. Idem nel privato, più si hanno “cose” o soldi o impegni, più si è responsabili del loro uso. Di conseguenza, più responsabilità=meno libertà.
Inoltre la penso esattamente all’opposto che è molto meglio non decidere affatto (sospendere il giudizio…) piuttosto che prendere una decisione sbagliata. A decidere si è sempre in tempo, a rimediare ad un errore, non sempre si può. Mi sembra un atteggiamento troppo semplicista quello dell’attivismo a tutti i costi e se ci pensi bene, è anche in contrasto con quanto hai detto prima riguardo alla responsabilità: quanto sei responsabile (verso te stesso e verso gli altri) prendendo una decisione di cui non sei totalmente sicuro?

ciao!

Gianni Davico ha detto:

Bel commento, ti ringrazio.

Il problema del non decidere risiede secondo me nel tempo che passa: noi non decidiamo perché non abbiamo tutte le informazioni, non siamo sicuri eccetera – e intanto il tempo passa e l’occasione sfuma.

Tu chiedi: “quanto sei responsabile (verso te stesso e verso gli altri) prendendo una decisione di cui non sei totalmente sicuro?” Ebbene, decidere in condizioni imperfette e senza tutte le informazioni è un’abitudine che a mio avviso è bene imparare e conservare, perché altrimenti ci impantaniamo nella “paralysis by analysis”, con tutte le conseguenze del caso.

Sul lato aziendale sono molto scettico, nel senso che mi fanno molta paura quelle persone che trascorrono la loro vita a inseguire la carriera, trascurando con questo tutto il resto. C’è quel famoso detto siciliano che dice che “cumannari è megghiu ca futtiri” (forse la grafia non è precisamente questa), ma non sono sicuro che sia proprio così.

Grazie anccora, ciao!

Mucciola Ivana ha detto:

Per me la felicità è sicuramente legata alla responsabilità, ma la mia definiziione cambia un pò: essa è formata da tantissime emozioni e queste si possono avere quando le intensità delle soddisfazioni sono al massimo uguali a quelle dei relativi bisogni. Il bisogno di qualunque cosa è l’energia che entra in noi, crea squilibrio e ci costringe a darci da fare per soddisfarci. Noi non lo consideriamo, vorremmo quasi che non esistesse, ma è importantissimo per la crescita sia dell’uomo che dell’umanità. L’uomo non è cattivo, è solo proteso verso la soddisfazione, ma gli è necessario anche il bisogno. Finora Il Creatore o la natura ce l’ha regalato, ma fra poco dovremo imparare a procurarcelo.

Marco B. ha detto:

influenza=felicità. La sensazione di fare la differenza, di non essere un puntino inutile e uguale a chiunque, di vedere il frutto del proprio agire stimato e riconosciuto non ha prezzo

Marco B. ha detto:

@Gianni d’Avico Persino la matematica e l’informatica, le scienze più puntigliose ed esatte di sempre hanno imparato l’approssimazione, la stima e la pragmatica rinuncia alla massima qualità d’informazione. Cos’è, in fondo un integrale? O una fotografia compressa, o una rilevazione per campionamento? Bisogna decidere quando smettere di valutare in base alle risorse (informazioni di base+ veocità di calcolo= esperienza del cervelloi+tempo) e nel contempo cercare di procurarsi risorse migliori per aumentare l’accuratezza, nel valutare ogni elemento (campionamento) e nel dare ad ogni elemento la valutazione più sottile (quantizzazione). E’ una sfida che logora ma si può valutare in base a ciò che ci serve: se vogliamo una foto del profilo di Facebook non ci serve una definizione altissima, se invece vogliamo un poster gigante….

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