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Campanelle, passeri e lebbrosi

Come era possibile che io, proprietario di un appartamento, di un BMW che usavo solo per andare in ufficio, di alcuni abiti firmati, vari conti in banca piuttosto pingui, una moglie o ex moglie molto bella e un bimbo che cominciava adesso ad affacciarsi alla vita, non fossi stato in grado di mantenere la felicità? E invece una ragazzina con una campanella cucita nei vestiti, un cane che la seguiva dappertutto e un paio di calzini colorati sembrava imbattersi in lei a ogni istante? (Eloy Moreno, Ricomincio da te, p. 286)

Si può prendere la felicità
per la coda come un passero.
Si possono dimenticare i debiti
che abbiamo con il mondo.
Un lampo di beatitudine
non offende il nostro vicino.
Lui dorme sulla panchina,
il passero gli vola intorno.
Lui sogna il lebbroso
ma sentiamo che il suo male
non è contagioso.

(Leonardo Sinisgalli, Il passero e il lebbroso)

Gli anni sono brevi

Temo quel momento.

Michela ha quasi sei anni, e tra pochi mesi la scuola materna sarà solo un ricordo. Piacevole, magico e splendido – ma appartenente al passato. Sarà tempo di passare oltre.

Ieri ho ascoltato questa canzone. So che è scritta per altri motivi, ma mi hanno colpito queste parole:

Considerare che sei la ragione per cui io vivo,

perché le ho riferite al bene più prezioso che ho, alle figlie che abbiamo la fortuna di avere.

E poi ho collegato tutto ciò a questo sito:

Then suddenly it hit me.
This bus ride was it.
[…] This was life itself.

Queste semplici parole sono alla radice del mio libro, e di tanti pensieri che ho.

O, per dirla con Angelo Manzoni (“angelo di sangue”):

sapendo che respirerai
vedendoti così
anche per me
angelo di sangue
si […] continua a leggere »

Non erano i piccioni

Era ieri, era Locarno, io ero lo spettatore con l’amico mio più caro, i protagonisti erano i nostri figli piccoli.

Loro nutrivano gli uccelli che popolavano il lungolago.

Io guardavo, guardavo e basta. Al massimo ogni tanto rompevo del pane secco per farne dei bocconi.

E ho pensato che non erano i piccioni, non erano le papere, non erano le gallinelle d’acqua, non erano i cigni né tutte le altre specie di volatili lì presenti, ma era la vita stessa che mi stava parlando della sua brevità e dell’importanza della sua stessa intensità.

Tutto quel che succede non ha poi grande importanza. Ma quando la vita chiama allora sì, sedersi ad ascoltarne le voci questo sì che è fondamentale.

E poi, guardando quelle manine che si muovevano così rapide, era evidente un pensiero: che gli anni sono brevi. Domani forse non avrò più quella fortuna, domani forse non sarò più lì a […] continua a leggere »

Responsabilità = felicità?

Pensavo in questi giorni al concetto di responsabilità, e di come sia legato alla felicità.

Responsabilità anche per cose minime, come decidere un ristorante per la sera, una bottiglia di vino piuttosto che un’altra e così via (e a fortiori, ovviamente, per le cose grandi della vita). Responsabilità sempre, per tutte le decisioni di qualunque tipo che continuamente ci troviamo a dover prendere.

Mi pare che una delle ricette della felicità sia proprio quella di prendersi la responsabilità delle cose che si fanno: si sbaglierà all’occasione, certo, ma sarà stato per demerito/errore proprio e non per caso, sfortuna eccetera.

(Io sono l’arbitro e l’artefice del mio proprio destino, insomma.)

Ma il più delle volte accadrà il caso contrario: soprattutto nelle cose minime, dove qualunque decisione è meglio di nessuna decisione, si avrà soddisfazione derivata dalla propria scelta. E a maggior ragione nelle cose grandi, dove le decisioni fanno la differenza.

Non è facile, naturalmente. È più semplice e immediato delegare la responsabilità della decisione al nostro vicino. Ma è un abito mentale che si può imparare – cominciando dalle cose minime e senza importanza, appunto –, e una […] continua a leggere »

Io non torno indietro

Ho fatto due conti. Non di soldi, ma di tempo, di anni, l’unica risorsa critica.

Ho pensato che la mia vita mi piace così. Anche con tutte le magagne che contiene. Anche con le sconfitte, le liti eccetera. Mi va bene così. Ci sto bene.

E poi voglio guardare avanti. Io non torno indietro. Ci ho messo tutti questi anni per arrivare – per caso – ad un risultato che mi soddisfa. Ora posso solo andare avanti posso solo migliorare.

E mi rendo anche conto che la felicità degli altri può dare fastidio. “Ma come? Io lavoro come un matto e quello pratica il 25×44 ed è pure felice?” Di domani ignoro, ma in questi tre anni sono stato sempre molto felice (di una felicità che Rita Levi-Montalcini definirebbe probabilmente da bambini, ma tant’è), ho mantenuto la mia famiglia, ho coltivato dei sogni per me grandi. Non è una ricetta e non è una garanzia, ma è – semplicemente è.

Ogni tanto mi volto indietro, guardo a quello che ero. Con tenerezza, ma senza rimpianti. Mi vedo giovane uomo in […] continua a leggere »