Non erano i piccioni

Era ieri, era Locarno, io ero lo spettatore con l’amico mio più caro, i protagonisti erano i nostri figli piccoli.

Loro nutrivano gli uccelli che popolavano il lungolago.

Io guardavo, guardavo e basta. Al massimo ogni tanto rompevo del pane secco per farne dei bocconi.

E ho pensato che non erano i piccioni, non erano le papere, non erano le gallinelle d’acqua, non erano i cigni né tutte le altre specie di volatili lì presenti, ma era la vita stessa che mi stava parlando della sua brevità e dell’importanza della sua stessa intensità.

Tutto quel che succede non ha poi grande importanza. Ma quando la vita chiama allora sì, sedersi ad ascoltarne le voci questo sì che è fondamentale.

E poi, guardando quelle manine che si muovevano così rapide, era evidente un pensiero: che gli anni sono brevi. Domani forse non avrò più quella fortuna, domani forse non sarò più lì a cercare la manina di mia figlia per darle un tozzo di pane da dare ai piccioni.

I giorni sono lunghi, ma gli anni sono brevi, molto brevi, brevissimi.

Commenti

doina ha detto:

Molto bello questo racconto, sei un grande Gianni! Nel leggerlo, ti ho avuto presente nella mia immagine memorizzata durante la tua docenza, e ti ammiro ancor di più per come sai dire in pocche parole quello che è il trascorrere della nostra vita! Lunga vita a te! cd

maria grazia serradimigni ha detto:

Sono le cose che penso quando ho in braccio Marcello…
lo facevo già con gli altri, ma meno.
Ora calcolo proprio il tempo che mi rimane per fare qualcosa che lasci un segno. Non dico grande, ma vero, chiaro. Il segno di qualcuno che è passato, ha amato e ha provato a dire che ne vale la pena.

Eugenio ha detto:

Bellissimo post, Gianni. Una sensazione simile l’ho provata domenica scorsa. Dopo una giornata passata sulla neve, mio figlio, stanchissimo e con i piedi tutti bagnati, non riusciva a camminare e mi ha chiesto di portarlo in braccio. Me lo sono caricato sulla schiena e ci siamo avviati verso il pulmann. Dopo pochi passi gli ho dato un bacio sulle mani e lui, con la testa appoggiata alle mie spalle ha mormorato “anche io ti voglio bene, papà”.
In quel momento mi sono reso conto dello scorrere del tempo, di come un giorno sulla neve sembri lungo, ma in realtà gli anni passino veloci e altrettanto velocemente i nostri figli crescano.
Ma allo stesso tempo mi sono reso conto che quegli attimi sono eterni perché mai dimenticherò quel momento preciso, quell’amore smisurato che ho provato per mio figlio. E ho pensato a quanto tempo butto via, quanto tempo consumo facendo cose che non mi lasciano nulla e a quanto poco ci voglia invece per essere veramente felici.

giannidavico ha detto:

Grazie Eugenio! Sì, alla fine delle fini credo che la felicità si possa in qualche maniera “misurare” proprio grazie ad episodi apparentemente senza significato e importanza come quello che racconti.

O, come direbbe Montale:

La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s’incontra l’ectoplasma
d’uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n’ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono più liberi di lui.

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