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Del tempo che scorre e di altri accadimenti

Be’, sai, quell’ammonimento di non tornare a Monesiglio… in alcuni casi vale, in altri no. In questo caso no, decisamente no. No, perché lunedì siamo tornati, mia figlia piccola e io, nella nostra personale Monesiglio, ovvero in quella scuola materna dove lei ha passato tre anni lunghissimi e brevissimi della sua esistenza – e noi, di fatto, con lei. Mi sovviene Bertolucci:

O bella larga lunga Via Vittorio
che mi accogli poi che la mattina oziosa
m’aveva per linee esterne alla città portato
alla strada che impudicamente guarda
nei campi di football del collegio dove
ho passato quattro anni lontani della mia
vita, […] lascia
che m’immerga nel tuo flusso feriale,
unanime e solidale con tutti
i pellegrini alla pari di me verso la meta
del mezzogiorno prossimo e giusto.

Ecco, voglio dire, tornare a Monesiglio in qualche caso non è una delusione ma fa bene al cuore, lo allarga, ti rende sereno. Perché sì, ti accorgi dei piccoli cambiamenti (è logico, la vita scorre con o senza di noi), ma nello stesso tempo vedi tua […] continua a leggere »

Torna, per una volta torna a Monesiglio

È vero, è vero che l’ammonimento di Augusto Monti era di “non tornare a Monesiglio”: il ragionamento è corretto, l’idea che tornare dopo tanto tempo a rivedere luoghi antichi presta il fianco a sicura delusione, in quanto dentro di noi abbiamo l’idea di ritrovare quel piccolo mondo antico che abbiamo lasciato mentre la vita, anche senza di noi (sorpresa!), va avanti.

Ma Michela, la piccola, insisteva, e insomma siamo tornati sul luogo del delitto, ovvero alla scuola materna che l’ha vista passare da pulcino minuscolo a personcina che si fa rispettare.

Ed è vero anche che non può non esserci un po’ di imbarazzo. Ma questo è nulla in confronto al bene provato nel vedere luoghi e persone che fino a pochi mesi fa componevano la tua quotidianità, nello scambiare parole e sorrisi, anche un po’ nello sfidare convenzioni e regole.

Sì, sono tornato a Monesiglio e sono felice di averlo fatto. E come un lunedì di giugno mi sono fermato con Michela […] continua a leggere »

Il mondo è piatto

In un giorno qualunque, lungo l’anno scolastico, verso l’ora di cena la mia primogenita e io comunichiamo tramite Skype. Lei per esempio mi avvisa quando la mamma le dice che è pronta la cena. Io sono nel mio studio e lei è in camera sua, a dieci metri circa di distanza.

(Del resto i discorsi normali della gente comune sono questi, come dice – bene – Jovanotti:

come stai quanto costa che ore sono
che succede che si dice chi ci crede
e allora ci si vede.)

In questi giorni, giorni qualunque del mese che più amo dell’anno, lei e io comunichiamo tramite Skype, e lei mi dice per esempio che cosa ha mangiato, oppure mi manda una foto appena scattata col suo iPod di cui è orgogliosamente felice. Ma siamo a 8mila chilometri circa di distanza km e 6 ore di fuso orario.

Le distanze sono annullate per le piccole cose come per le grandi. Il concetto stesso di distanza perde di significato, o quantomeno lo varia di un bel po’.

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Alle maestre di Michela, in occasione del congedo dalla scuola materna

Cara Maura, cara Evelin,

lunedì mattina, accompagnando Michela a scuola, mi sono fermato con lei per brevi minuti nella classe deserta. Ho pensato allo scorrere del tempo, a questa bambina che cresce, alle cose importanti della vita.

E ho pensato a voi. Ho pensato al bene che avete portato nella vita di Michela – e di conseguenza nelle nostre vite –, alla passione che mettete nel vostro lavoro, al vostro sorriso sempre sui vostri visi qualunque cosa accada. (E so bene che il vostro lavoro è tutt’altro che semplice.)

Insomma noi siamo persone fortunate ad avervi incontrate. Per un tempo troppo breve Michela ha potuto osservarvi, imparare da voi, essere felice con voi e grazie a voi.

Ora nuovi compiti la attendono. Una nuova scuola, nuovi insegnanti, nuovi compagni. Ma – lo dico con assoluta certezza – Michela porterà per sempre nel cuore e nella testa il vostro insegnamento e il vostro esempio.

Di questo noi vi ringraziamo.

I padri hanno bisogno dei figli

Il titolo di questo post è “preso a prestito” dal sottotitolo di un grazioso libro di Gaspare Barbiellini Amidei, I nostri ragazzi crescono. (Curioso come vadano le cose e il mondo, lo comprai quand’ero all’università per capire la mia generazione – sembra ieri – e adesso è cambiata la prospettiva e il padre sono io.)

Ad ogni modo mi è tornato in mente per un’idea cui sto riflettendo in questi giorni: partecipare attivamente alla scuola dei figli non è solo un ovvio beneficio per loro, ivi inclusa la fiducia in se stessi con la quale crescere, è anche un bene – un gran bene, a dirla tutta – per noi.

I padri (e le madri) hanno bisogno dei figli perché cresciamo con loro, impariamo da loro e con loro, dagli errori nostri e loro. Perché completano le nostre vite.

E dunque prendere parte alle mille sfaccettature che la scuola comporta è per me una maniera per restituire alla comunità qualcosina del tanto che ho avuto e che ho, ma […] continua a leggere »