Io arrivo tardi alle cose, lo so. (Gianni diesel era uno dei miei soprannomi, e credo spieghi tante cose.) Sabato sono andato a cercare la tomba del mio professore di tesi, che forse ho trovato e forse no (perché c’è il nome della famiglia ma non il suo – il che non mi stupisce nemmeno tanto: conoscendone il rigore, l’austerità e lo stile potrebbe essere benissimo seppellito senza nome). Volevo – ma non avendo la certezza di averlo trovato non ci sono riuscito – chiudere un metaforico cerchio che si aprì tanti anni fa, quando mi incantai a sentire le sue lezioni su Dante (chiamarle lezioni è assolutamente riduttivo, peraltro). In una ricordo che io ero l’unico studente (quand’eravamo tanti eravamo forse una decina), e allora lui passò l’ora intera a leggermi le sue traduzioni in piemontese di poeti della latinità. Ed è stato proprio in quel momento che ho capito che la mia lingua/dialetto aveva dignità letteraria, ovvero andava più in là di un campanile o di un modo di dire, se un professore di università sentiva la necessità di volgere in quell’idioma carmi di duemila anni prima. Mi sovviene Ungaretti (I fiumi):
Questo è il Serchio
[…] continua a leggere »