Il vetro di Murano, i cinesi e la dura legge del mercato

In alcune botteghe di Murano si legge che gli articoli provenienti dalla Cina, spacciati per originali, rovinano il mercato. Ma chi affitta un locale commerciale nelle vicinanze di piazza San Marco a Venezia (perché a spostarsi di poche centinaia di metri dai luoghi canonici del turismo lagunare, checché se ne possa pensare, si vede bene che il flusso turistico è rarefatto) ragiona in un’ottica puramente commerciale, ovvero di vendite per metro quadro. E cos’altro dovrebbe fare? È un commerciante, dopotutto.

E inoltre: cosa sa il turista “medio” della differenza tra un vero vetro artistico di Murano e uno made in China? Saprebbe il mio lettore, immedesimatosi per un attimo nei panni di quel turista, riconoscerlo?

E le traduzioni? Il compratore “medio” (ammesso che esista una tale categoria) cosa sa della differenza tra una traduzione “de luxe” e una da battaglia? Di più: dirà forse l’oste che il suo vino è meno buono di quello che spilla il concorrente all’angolo?

Ceteris paribus, come potrebbe il prezzo non essere uno dei criteri primi? Non è forse responsabilità nostra, di noi operatori del settore, far percepire la differenza nel valore?

Sì. E non servono tante parole per far vedere che si è dei professionisti. I nostri clienti (con eccezioni, è chiaro) non si curano delle traduzioni, si rendono conto che esistono quando il bisogno incrocia le loro scrivanie – non prima, non dopo. Allora il compito del fornitore è quello di risolvere un problema nella maniera più efficace (non efficiente, efficace: perché l’efficacia è infinitamente più utile dell’efficienza) possibile: ovvero di dimostrare nei fatti di essere l’esperto nel campo.

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