La storia di un’idea

C’è un concetto che porto con me da un anno circa, sul quale ho pensato molto e che mi pare incontri un certo interesse tra il pubblico. In due parole, è la prospettiva differente dei traduttori e dei loro clienti (che possono essere oppure no aziende di traduzione): i traduttori vogliono rispetto, i clienti vogliono i benefici che derivano dal servizio di traduzione.

È un’idea che ha viaggiato parecchio: ne ho parlato a Bologna al congresso AITI, a Roma al congresso Federcentri, a Santiago al VMS, ne ho scritto su Multilingual e ne parlerò tra un paio di mesi ad Austin alla conferenza ALC.

Sembra un dialogo tra sordi. Sembra che non se ne esca. Già, sembra. Ma per fortuna ci sono molti traduttori illuminati che si rendono conto che parlare il linguaggio dei propri clienti è un viatico al successo. Tanto più in tempi di crisi, perché le crisi costringono a soluzioni creative alle quali in tempi “normali” si potrebbe anche non aver pensato.

Luigi Muzii è d’accordo in parte con quel che scrivo (e già questa è per me di per sé una benedizione). Io, dall’inizio, ho sempre considerato la mia azienda una struttura di servizio ai clienti, e ne ho sempre avuta un’alta opinione. Anche se, evidentemente, ho compiuto una moltitudine di errori: altrimenti dopo tanti anni non farei ancora tutta questa fatica per guidarla.

Muzii scrive anche, parlando di Tesi & testi:

Resta da vedere quanti [professionisti] a loro volta […] abbiano considerato lui e la sua azienda all’altezza delle loro, ma soprattutto è necessario riflettere sul fatto che quelli che forse riuscirebbero a soddisfarlo sono anche pienamente consapevoli della considerazione di cui le società di traduzione godono presso le altre imprese e sono quindi probabilmente molto mal disposti a venire incontro alle loro spesso assurde pretese economiche e di servizio.

E in effetti coglie nel segno: numerose volte mi sono stupito di come una certa categoria di traduttori potesse guardare me e la mia creatura dall’alto, solo perché italiana e come tale destinata – nella loro mente – a pagare poco. Ma qui il Pavese di Antenati mi viene in soccorso: “Ho trovato compagni trovando me stesso”.

E in sostanza ora mi sembra che sia tempo di tirare le fila: ora veramente abbiamo l’occasione di spostare la comunicazione su un livello superiore, e se siamo dei veri professionisti questo è il momento di dimostrarlo.

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