Scusa, ma hai detto "marketing"?

Ricevo questa mail da una traduttrice argentina, bel résumé, buoni studi, clienti discreti. Però tutto questo viene fuori solo aprendo l’allegato e leggendolo con attenzione, mentre la mail riporta, a caratteri cubitali, che il prezzo è di EUR 0,025 a parola.

Due-centesimi-e-mezzo-a-parola.

(E quel mezzo centesimo, che pure è il 20% del totale richiesto, è secondo me umiliante da chiedere. Non due, non tre: mezzo centesimo.)

Alla produttività media di un traduttore, a tempo pieno parliamo di 50 euro (lordi) al giorno. Esclusi malattia, tempo per cercare nuovi clienti, fermo macchina, aggiornamenti e così via; e considerando di avere lavori tutti i giorni, tutto il giorno.

Due-centesimi-e-mezzo-a-parola. L’Argentina non è l’Italia; ma anche così questa persona non avrà nessuna maniera di crearsi una famiglia, avere dei figli e così via, se vorrà mantenersi col proprio lavoro. No way.

Mi sono venute in mente le parole di Rodrigo Vergara, nella lunga intervista che gli feci e che è riportata in maniera pressoché integrale nel mio libro:

Quando la gente è disperata si offre per meno, e allora non sarà più possibile chiedere quello che è giusto, e non vedo come ci si potrà difendere nel lungo periodo.

Io comunque le rispondo, le faccio presenti le mie perplessità. La sua replica – e qui arriviamo alla parte marketing – è che quelli sono i prezzi in Argentina, ma che comunque ha fatto delle ricerche in rete e ha scoperto che “il prezzo dovrebbe [sic] essere almeno 6 centesimi”, per cui per eventuali lavori futuri questo sarebbe [ancora, sic] il prezzo.

Battaglie, discorsi, professionalità, servizio al cliente… Poi abbiamo schiere di traduttori improvvisati che lavorano per quella che in piemontese si chiama na bala ‘d fum.

Boh.

Commenti

Stefano ha detto:

Salve, anch'io ho scritto proprio ieri un post su Renato Beninatto e le sue previsioni. A me per personalmente piacciono questi nuovi scenari, ma non so come la vede la maggioranza. Stefano

Gianni Davico ha detto:

La maggioranza ha torto per definizione, non lo sai? 🙂

Giulia ha detto:

In altri termini, ma condividendo appieno l’idea di fondo, ho scritto anche io in merito a quello che io chiamo “il supermercato delle lingue” (http://torredibabel.com/2011/09/26/il-supermercato-delle-lingue/) dove chiunque si (s)vende al “miglior offerente”. Malgrado la mia laurea e la mia esperienza presso una multinazionale mi trovo anche io a fare i conti con quell’umiltà di cui parla. Anche se la gentilezza è spesso scavalcata dalla netta sensazione che a chiedere 9 cent a parola o 500 euro a giornata di interpretazione ci si tagli automaticamente fuori da un mercato in cui non necessariamente l’ “etichetta” – per riprendere la sua metafora sul vino – conta. Quando lavoravo per un noto colosso dell’e-commerce, dovevo giustificare OGNI GIORNO le mie scelte traduttive di fronte a degli interlocutori che non parlavano una parola di italiano ma che controllavano le mie traduzioni su google translator. I miei colleghi non avevano nessuna nozione di traduzione ma lavoravano con testi letti ogni giorno da milioni di persone (e mai ricontrollati).
Come una formichina ostinata io, però, a costo di andare (per ora, spero) in rosso, continuo a proporre delle tariffe che, a mio dire, rispettano me, il cliente e i colleghi. Quanti lo capiranno?

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