Dopo Forlì (ma anche no)

Riprendo ed espando il mio commento fatto al post di Luigi Muzii a proposito del convegno Tecnologie per la traduzione: giornate di aggiornamento e formazione tenutosi a Forlì la settimana scorsa.

Non ho partecipato e non posso giudicare nello specifico, ma in generale posso dire che un convegno così me lo immagino benissimo anche senza esserci stato. A me personalmente non interessano più i vari discorsi sulle tariffe, la tecnologia, l’avvenire della professione… mi sembra tutto troppo terribilmente già visto, rivisto e visto ancora.

Anche una mia partecipazione a conferenze del genere sarebbe sostanzialmente poco utile, perché rischierei di ribadire concetti stanchi e ritriti.

Perché il problema è il medesimo descritto in Flatlandia, ovvero avere gli strumenti giusti per percepire una realtà che cambia. E il mondo della traduzione – ma vorrei dire quantomeno il mondo del lavoro tout court – è mutato completamente, e i paradigmi che valevano ieri oggi perdono di senso. Occorre riflettere su almeno un paio di punti fondamentali:

– è proprio necessario lavorare con clienti che non ci garbano (leggi: che pagano troppo poco)? (Hint: se vogliamo farci del male, sì.)

– C’è una strada sola che porta ad un determinato risultato?

C’è un mondo nuovo da esplorare, futuro, esperienze appassionanti da vivere. E se non bisogna prendere tutto per buono, occorre al contempo essere aperti alle novità. E le novità oggi hanno i volti di Chris Guillebeau, Gary Vaynerchuk, Chris Anderson e così via. È la new new economy, per usare la definizione dello stesso Anderson, che faremmo bene – tutti – a seguire da vicino.

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