Langit (1997-2010)

Ho provato una sensazione strana, questa sera, quando ho cancellato l’iscrizione a Langit. Sentivo che era giunto il momento di passare oltre, di “mangiare una collina” come direbbe Pavese. E tuttavia tredici anni passati di fatto quasi quotidianamente nella più grande comunità online di traduttori italiani non si cancellano con un click, lasciano giocoforza un po’ disorientati.

Da una parte la rete si è evoluta, e tanto di ciò che passava di lì ora passa per FB e altri canali, dall’altra io sono cambiato molto; ma insomma il momento era giunto.

Però, poiché Langit è una parola che ho pensato, pronunciato e scritto un milione di volte in tutto questo tempo, vorrei ricordare i benefici che ne ho avuto, che sono anche una sorta di invito per il traduttore – o comunque per chi gravita attorno all’ambiente – a considerare la possibilità di frequentarla.

1. L’industria della traduzione, che era per me un oggetto assolutamente sconosciuto tredici anni fa, mi è diventata familiare anche grazie a Langit. È stata una sorta di rampa di lancio verso altri incontri, altre conoscenze, altri mondi (associazioni, conferenze, risorse di vario tipo).

2. Vi ho incontrato tantissime persone con cui ho sviluppato amicizie più o meno forti, o anche semplici conoscenze. Ho litigato tantissimo e a lungo con diversi traduttori; avrò detto la mia quota di sciocchezze – quandoque bonus dormitat Homerus, si sa –, ma ho cercato di aiutare quando e come potevo.

3. Langit è stata anche una risorsa magnifica per la ricerca di traduttori, mi ha tolto dalle peste grandi e piccole un’infinità di volte.

Spendo lietamente una parola finale per il “padre spirituale” della lista, Simon Turner, il cui senso della misura moltiplica il valore della lista stessa.

Ciao Langit – e grazie.

Commenti

Luigi Muzii ha detto:

Scoprire che devi a Langit la tua “familiarità” con l’industria della traduzione chiarisce diverse cose, innanzitutto sul tuo omonimo libro. Del breve tempo trascorso in Langit ai suoi esordi, quanto Simon Turner non ne conosceva probabilmente nemmeno l’esistenza, rimpiango solo i contributi e le chiacchierate con la mai troppo compianta Renate Vincenti. L’idea, quasi vent’anni fa, era buona, e avrebbe potuto evolvere, e far evolvere, ma ho capito quasi subito che McLuhan aveva torto proprio grazie a Lantra-L e a Langit: il mezzo non è il messaggio, purtroppo. Il mezzo è di coloro che lo usano e, di conseguenza, il messaggio ne è la degna rappresentazione, e il livello è così scandalosamente basso che il primo furbetto che ha saputo apxprofittarne è riuscito a diventarne il padrone e ad acquisire un credito che diversamente non avrebbe ottenuto. Al riguardo casca a pennello una frase che Groucho Marx prese in prestito dalla “Saga dei Forsyte” di John Galsworthy per le sue dimissioni dal Friar’s Club di Beverly Hills: “I don’t want to belong to any club that will accept people like me as a member”. Per lo stesso motivo sono rimasto in ProZ lo stretto indispensabile a capire che non è fatto per “pazzi” come me, mentre sono restato in AITI finché ce n’erano abbastanza da farmi pensare che fosse una cosa seria.

giannidavico ha detto:

Posso capire il tuo livore, ma io personalmente a Langit devo molto: avevo quasi trent’anni quando mi sono avvicinato alle traduzioni come possibile fonte di reddito, e non avevo studi specifici, informazioni di nessun tipo. Questo è dunque il mio tributo, anche se poi a un certo punto bisogna imparare a camminare con le proprie gambe.

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