Semplicità, essenzialità, rigore, successo


Nell’ultimo post della sua rubrica bisettimanale, Chris Guillebeau scrive:

If you have a range of projects, products, or activities, it’s almost always better to devote your efforts to the strong performers than to try and pull up the weak ones. Most people do the opposite. If your goal is for everything to be average, that’s the best you’ll ever get.

È un concetto sul quale vale la pena di riflettere. “Si chiama destino”, direbbe Pavese: è sostanzialmente inutile perdere tempo a cercare di correggere i propri difetti, mentre ha molto più senso valorizzare i propri punti di forza. O “tagliare le perdite e lasciar correre i profitti”, come si dice in borsa.

E questo vale sia nel lavoro che nella sfera personale (ammesso che una distinzione tra i due esista). E significa fare un esame severo dei propri obiettivi e dei propri progetti e tagliare senza pietà quelli che sono un amen meno che stellari.

È la differenza – piccolissima di fatto, ma una voragine in realtà, poiché “the winner takes all” – tra Juan Diego Florez e Luciano Pavarotti nelle parole illuminanti di Cal Newport ospite di Tim Ferriss.

Insomma, rigore di pensiero e chiarezza di intenti. Decisione, concentrarsi su ciò che conta veramente, lasciare andare tutto il resto. Cyril Northcote Parkinson, Vilfredo Federico Damaso Pareto. La tua vita, tu.

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