Uno dei vicepresidenti di Lionbridge, Didier Hélin, scrive venerdì scorso (lui di pirsona pirsonalmente, per dirla alla Camilleri) proprio a me (“Dear Gianni Davico”) chiedendomi uno sconto del 5% sulle condizioni in essere perché la crisi ecc. ecc.
Ora, non è tanto il fatto che l’ultimo lavoro per Lionbridge che abbiamo fatto noi risale a oltre sei anni fa (ere geologiche fa).
Non è neanche il fatto che non immagino – nemmeno lontanamente – che sia possibile che io o la mia società cureremo ora o in futuro dei progetti per conto di Lionbridge. Semplicemente, non succederà (ma lui non è tenuto a saperlo).
E non è nemmeno il fatto che un vicepresidente di una società quotata in borsa scriva a tutti (credo) i fornitori di servizi linguistici per dire che la crisi impone delle scelte drastiche: non mi offende il modo, sono andato ben oltre alle apparenze (siamo nel post-post-post-modernismo, come mi disse un tempo un’amica). Io sono passato oltre; Lionbridge e Gianni Davico possono coesistere senza problemi perché parlano lingue diverse. Ma non è questo il punto.
Piuttosto, tirando le somme credo che il settore delle traduzioni tecniche sia davvero alla frutta, sia un po’ come l’industria delle carrozze di un secolo fa. E sospetto che il discorso sia decisamente più ampio, solo che io altri mestieri li conosco di meno.
Allora non so se si tratti di una domanda o di una risposta, ma non sarà mica che a queste condizioni anni e sudore investiti non potranno comunque essere commisurati ai risultati che si otterranno? E che, allora, sarà magari il caso di pensare al piano B? O forse che, poiché mala tempora currunt, il successo consiste nell’usare il piano B come se fosse il piano A?
Commenti
Tutto sta nell’avercelo, un piano B intendo. A leggere quello che c’è in giro si direbbe che non ce l’abbia nessuno e questo è molto più grave del modo di stare sul mercato di Lionbridge. Se, infatti, un’azienda che si comporta in questo modo continua non solo a operare, ma a prosperare, vuol dire, soprattutto, che l’indolenza e la supponenza pervadono il settore oltre ogni ragionevole limite.
Quoto al 100%. Ma è proprio per questo che il piano B diventa un passo verso il successo!
Avercelo, magari lo si può non avere all’impronta. Simone Perotti ci ha messo 12 anni a fabbricarselo, altri sperabilmente di meno ma il piano B è comunque responsabilità nostra, di noi medesimi in pirsona pirsonalmente.