Il bisogno di cui non abbiamo bisogno

Mi sono imbattuto qualche giorno fa nella voce di Fiorello, che per Sky magnificava i canali 3D e il fatto che entro l’anno ci saranno non ricordo più quanti nuovi canali in 3D. (Chissà perché il marketing deve sempre usare la parola “nuovo”, nel comunicare l’offerta. Ciò che solo ieri era il massimo oggi è totalmente out.)

Allora mi è venuta in mente mia figlia che vorrebbe che io comprassi uno smartphone “o almeno un telefono col touchscreen”. Ma io sto benissimo col mio telefono da 49 euro, non ho bisogno di più. (Anzi, mi spiace tantissimo che il telefono precedente, dopo otto anni di onorato servizio, sia stato giocoforza messo fuori uso dal tempo che passa.)

Non ho bisogno di un telefono nuovo. Non ho bisogno di un’auto nuova. Non ho bisogno di un televisore 3D. Non voglio lavorare di più per avere il denaro necessario per comprare degli oggetti di cui non ho bisogno. Signori del marketing: domando la vostra comprensione, ho altre priorità.

Mi pare di essere come quell’”ectoplasma d’uno scampato” di montaliana memoria; con la differenza (non da poco) che mi sento felice. (Anche senza smartphone.)

Adoro il marketing, ma non piace quella parte di marketing che vuole farmi possedere oggetti di cui non ho alcun bisogno.

Si tratta di decidere dove vogliamo dirigere le nostre vite. Per dirla con Paolo Inghilleri (La “buona vita”. Per l’uso creativo degli oggetti nella società dell’abbondanza), si tratta di andare verso il materialismo dotato di senso, o materialismo strumentale (ovvero adoperare gli oggetti come strumenti per la nostra felicità), e di allontanarsi dal materialismo terminale (che si ha quando gli oggetti esauriscono la loro funzione in termini di puro possesso):

Il materialismo terminale è connesso a una modalità di consumo degli oggetti basata unicamente sulla necessità di possedere un numero sempre maggiore di cose, di avere, e quindi di controllare, simboli di status e, in ultima istanza, di consumare più energia ambientale, fisica ma anche psicologica.
Nel caso del materialismo terminale, ad esempio, compriamo abiti, oggetti di arredamento, elettrodomestici, telefonini, automobili, non in base a reali necessità o a un effettivo piacere nel loro uso, ma unicamente per il fine ultimo di comperare, possedere e mostrare agli altri questo nostro possesso.

E – chiaramente – il materialismo terminale drena per forza molte tra le nostre energie, con ciò sottraendole di fatto ad altri ambiti significativi dell’esistenza come le relazioni personali, la solidarietà, l’arte, la natura e così via.

Io per me voglio significato e non cose. Signori del marketing, signor Fiorello, invoco di nuovo la vostra comprensione e mi tengo il mio televisore del 1998.

Commenti

Peter Eustace ha detto:

Caro Gianni, Punto. Doppio Punto. D’accordo 100%. E Fiorello che tanto scherno ha per la TV non disdegna i lauti guadagni dalla pubblicità. Vorrei vedere poi quanti testimonial utilizzano davvero i prodotti che promuovono. Bravo! Peter

Sabina ha detto:

Ah, come ti capisco. Con un quindicenne che vaga per la casa e potrebbe essere mio figlio, anch’io mi sono trovata ad affrontare spesso il tema dei falsi bisogni, del bisogno creato artatamente. Abbiamo avuto sino a due anni fa una televisione senza telecomando. Come fate? mi chiedevano gli studenti. Ci alziamo e cambiamo il canale, regoliamo il volume, bilanciamo i colori. Non è mica difficile.

Ciò che è difficile, invece, è resistere, attaccati alla nostra zattera dell’essenzialità. A Natale ha ricevuto in regalo da suo padre la PlayStation. Quando ha aperto il pacco, è rimasto senza parole. Non per la gioia, credo, che si è spiegata in tutto il suo fulgore solo nei lunghi pomeriggi successivi, ma per il fatto che avessimo ceduto su questo fronte. La motivazione del regalo, in realtà, era ben lungi da quanto immaginasse. “Sarà una delle ultime volte che gli regalo un gioco, perché poi sarà troppo grande”.

Luigi Muzii ha detto:

In realtà non ce l’hai nemmeno più il tuo televisore del 1998 perché hai quanto meno avuto bisogno di associarvi un decoder.
L’obiettivo del marketing è proprio quello di farti acquistare beni e servizi di cui non hai bisogno, o almeno pensi di non avere bisogno, magari da fornitori che non sono superiori a quelli ai quali avresti pensato o penseresti di rivolgerti.
Affrontare una campagna di marketing sulla base della (presunta) superiorità del proprio prodotto/servizio significa perderla in partenza, è il primo insegnamento che si riceve dai guru di settore.
Perché non spostiamo la questione dalla televisione al golf? Io l’ho fatto, leggendo il post, spostandola sulla subacquea e sono giunto a conclusioni diverse. Ho sostituito malvolentieri, ma non troppo, il mio cellulare giunto a fine vita con uno di ultima generazione con la prospettiva di tenermelo anche stavolta il più a lungo possibile, ma se potessi cambierei domani il mio efficientissimo computer subacqueo, nonostante i suoi sei mesi di vita e, soprattutto, a dispetto del fatto che gli algoritmi sono ancora gli stessi di dieci anni fa…

Chiara ha detto:

Sono d’accordo con Luigi… sapresti invece rinunciare a un nuovissimo driver che “promette” di raggiungere distanze superiori? In nome dello swing perfetto, penso che un golfista farebbe qualsiasi cosa…^_^
In generale comunque sono d’accordo con il tuo discorso, ma penso che per le proprie passioni un po’ di consumismo non sia poi da condannare!

giannidavico ha detto:

Be’, il golf per me è paragonabile ad un lavoro, il parallelo non vale!

“Un po’ di consumismo” va benissimo, ci mancherebbe. Il problema nasce quando compriamo cose di cui non abbiamo bisogno, e per farlo dobbiamo lavorare di più. Lì c’è (secondo me) qualcosa che non funziona, qualcosa che soltanto noi possiamo aggiustare.

Andrea Tuveri ha detto:

Premesso che non ho figli da accontentare, ecc.
Questa settimana mi sono girate le balle solo perché ho rinnovato l’assicurazione dell’auto e ora devo fare il tagliando. Non è che non voglio un’auto nuova, a tratti non vorrei neanche più quella vecchia. Eppure guidare mi piace, mi piace il senso di libertà di un bel volante ecc. Ma a momenti mollerei anche la mia pur abbastanza necessaria vettura.
Altra cosa, al limite della maniacalità, da gennaio sto regalando vari oggetti che ho in casa: vestiti, libri, altro. Sgombro la casa da ciò che non mi serve. Sto tenendo il conto su un foglio xls (ecco, sì, la manicalità), oltre 400 oggetti usciti di casa da gennaio, e neanche si nota.

giannidavico ha detto:

Tenere i conti di quel che esce di casa su Excel – che zuccone!

Ma a parte questo vorrei avere la tua determinazione, lasciare andare così tante cose che di fatto non servono a nulla. Sì, decisamente ho molto da imparare da te.

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