Peter Eustace è per me innanzitutto un amico. No, non l’ho mai visto di persona ma lavoriamo insieme da tanti anni, e ogni singola volta in cui ero in difficoltà lui mi ha offerto aiuto e risolto un problema. È una persona generosa, serena, tranquilla. È anche poeta: qui il suo ultimo libro, e qui una recensione. E anche un traduttore da tempo immemore: ha molta esperienza, e ho pensato che la sua storia sia interessante e utile per i lettori di Brainfood. Gli ho chiesto di raccontarla. Nelle sue parole:
Ci sono molti momenti nella vita – di studio, di lavoro, di amore – quando è necessario guardare indietro per poter guardare (e andare) avanti. Da ex giocatore di scacchi, so che è più facile e più piacevole rivedere le partite vinte che studiare quelle perse, ma i veri campioni delle 64 caselle hanno sempre detto che bisogna studiare gli errori propri o i colpi di genio altrui per migliorare. Ciò vale per tutti gli sport e – soprattutto – per la vita.
Lavoro come traduttore da oltre trent’anni e ho visto dei cambiamenti nel settore delle traduzioni. Lavorando inizialmente a casa e dopo aver distrutto varie, gloriose macchine da scrivere Olivetti, il mio primo computer-elaboratore di testi – collegato alla macchina da scrivere, doppio floppy 5 ½” – era l’ETS 1010. Costava come un’ottima automobile. Poi un’altra ETS 1010 (comprata di seconda mano, molto più conveniente), tastiera dedicata e stampante daisywheel… Non mi accorgevo che stavo investendo così tanto.
Apro l’ufficio e prendo una segretaria, prendo un fax. Tutto girava ancora su carta a quei tempi e la clientela era più o meno locale. Comincio lavorare con qualche grosso cliente, anche fuori zona, e anche in altre lingue, al punto che assumo una ragazza francese, compro altri computer PC (M24 Olivetti, ora usato come base del monitor wide-screen), e AT compatibili; arriva un’altra signora per gestire il parco informatico e le traduzioni dall’inglese in italiano, poi una che segue il tedesco e una neo-laureata bilingue italiano-inglese. Arriva la prima stampante laser (che fa quasi svenire l’amico della tipografia di fronte), ma ancora non mi accorgevo che stavo investendo troppo e troppo in fretta. Ero troppo avanti rispetto ai tempi, offrivo un servizio globale di ottima qualità alle stesse tariffe della concorrenza “più indietro”.
Crac. Due clienti importanti finiscono in bancarotta fraudolenta! Zac. Finisco quasi in bancarotta anch’io. Trovo posti di lavori tra i miei altri clienti per le ragazze, che danno loro le dimissioni, e mi trovo da solo con ufficio, computer, mobili, fido in banca al limite – e anche una fidanzata, ora mia moglie. Uno di questi clienti muore, l’altro scappa all’estero e le loro aziende vengono chiuse. Nulla da fare, perdo una somma notevole. Ciliegina sulla torta: una traduttrice che avevo aiutato molto in precedenza mi ruba due clienti spettegolando su di me. L’hanno mandata via a sua volta dopo sei mesi per manifesta incapacità ma i miei clienti erano bell’è persi.
Mi metto in società con il mio miglior amico di ritorno da Torino e ci diamo una mano a vicenda – io sempre traduttore, lui consulente per l’export. Cambiamo ufficio, butto via un po’ di vecchi PC e pian piano sistemo i debiti. Erano ancora i tempi dei rimborsi fiscali in dieci anni per cui avevo accumulato dei crediti importanti. Arrivano, e finalmente chiudo il fido. Tuttavia la nuova società fa fatica a decollare e decidiamo amichevolmente di chiuderla circa dieci anni fa e dopo vent’anni mi trovo di nuovo solo.
Ora sono passati altri dieci anni. Ho ancora l’ufficio e il computer numero dodici o tredici, non ricordo. Costano relativamente poco oggi. È cambiata la tecnologia ma le basse tariffe, le urgenze di venerdì pomeriggio per lunedì mattina, i pagamenti in ritardo o addirittura mai fatti sono sempre gli stessi. Ma da datore di lavoro idealista e autolesionista sono tornato essere semplicemente un professionista, un freelance, e sono più felice. Ho imparato a dire “no”, ho imparato a rispettare di più le mie esigenze personali e familiari e mi sono accorto che avevo altri interessi e altri scopi nella vita. Il mondo lavorativo non è crollato (ma la crisi si sente e come). Ho ancora molti dei clienti di vent’anni fa e cerco sempre di fornire un ottimo servizio. Salvo qualche eccezione, passo le richieste di traduzioni in altre lingue a colleghi.
Queste righe che Gianni Davico mi ha chiesto per Brainfood prendono spunto dal fatto che, finalmente, sto cercando una casa più grande per chiudere baracca, burattini e il cerchio lavorativo, tornando al punto da dove avevo cominciato. Non vedo l’ora di disfarmi dei mobili, di buttar via i 4-5 vecchi PC che ancora arredano questo spazio bello ma senza vista e riprendere un po’ la vita che avevo trascurato. Sperando d’aver imparato qualcosa – come si dice, errare è umano, perseverare diabolico – e sperando che la mia esperienza sia interessante e utile.
Nel frattempo, ho ripreso in mano la fotografia, ho pubblicato i miei libri di poesia e gioco qualche partita di scacchi. E chissà, forse imparerò guidare la macchina e forse prenderò finalmente un cellulare.
Peter Eustace – Verona
Commenti
Testimonianza molto bella e significativa, ma il signore con il cane nella foto è Peter Eustace? E’ una bellissima foto. Rimanere freelance invece che ingrandirsi è una constatazione che ho sentito fare da diversi traduttori, diminuire la problematiche, il reddito e godersi un po’ di più la vita.E poi ci sta anche che uno dopo un bel po’ di anni non fa più il traduttore e si gode altre passioni.
Sì, è proprio Peter!