Formazione dei prezzi, suicidi professionali, opportunità e botteghe (virtuali)

Il mio post della settimana scorsa ha suscitato molti commenti, sia qui che sulla mia pagina Facebook che sul gruppo STL di Sabrina Tursi. Già, come stabilire il prezzo per i propri servizi – insieme un’arte e una scienza – è un punto cruciale per qualunque professionista, e dunque il tema è molto sentito. E probabilmente ho scritto anche delle ovvietà, come mi ha fatto notare Aurelia Peressini (invitandomi però a continuare a scriverle). (Personalmente mi pare il commento più sensato e lo condivido pure; ma se il re è nudo bisogna prima accorgersi che lo è per vedere che cosa fare dopo.)

Orbene, un filone di commenti riguardava i giovani, e in particolare i neolaureati che entrano sul mercato del lavoro e hanno scarse prospettive. Chi ha venticinque anni oggi fa parte di una generazione che non sta certo bene; e in più è inserito in una crisi epocale, peggiore di quella del 1929, fatta per durare anni.

Ma le crisi, di qualunque natura siano, hanno questo di buono: che fanno pulizia. Ti costringono a svegliarti la mattina presto, a pensare a soluzioni creative. Tutti i cambiamenti possibili del mondo non nascono che da un nostro, semplicissimo, banale primo passo.

E ancora: ogni minaccia nasconde per sua natura un’opportunità dentro di sé. Quella stessa informatica che mette in pericolo il nostro lavoro ci dà delle possibilità inedite fino a ieri. (La mia vita 2.0 sarebbe stata impensabile anche solo cinque anni fa.)

Io non ho soluzioni preconfezionate, ma ribadisco il concetto espresso sette giorni fa: tenere i prezzi troppo bassi è un suicidio professionale. Lasciamo stare l’etica, lasciamo stare i colleghi, lasciamo stare i grandi discorsi: ma cedere alla tentazione – comprensibilissima – di abbassare i prezzi è un danno a se stessi. Fine.

Un’alternativa sensata è fare team con un traduttore esperto. Andare a bottega, con l’umiltà di chi apprende un mestiere e tutti i vantaggi che la tecnologia offre.

Personalmente ho perso (e perderò, lo so) molti progetti per insistere su un prezzo relativamente alto. Ma un prezzo corretto è condizione necessaria (non sufficiente) affinché il proprio servizio sia professionale, affinché il cliente abbia quel che chiede, affinché il traduttore ricavi il giusto compenso dalla propria prestazione. È il circolo virtuoso della qualità di cui ho parlato qui.

Commenti

Michele Mannoni ha detto:

Ciao Gianni,
Sai che l’argomento è uno dei miei preferiti, quindi mi permetto di fare ancora una riflessione. Premesso -e ribadito- che mi trovi d’accordo sull’evitare tariffe basse, motivazione che mi ha spinto a rifiutare tanti lavori e a farne una cernita ben oculata. Ci tengo a sottolinearlo, perché non vorrei che i miei commenti fossero presi diversamente da quello che vogliono essere: dibattiti, e a volte critiche, per un futuro un po’ più radioso e a vantaggio di tutti.

Detto questo, penso che dentro di noi ognuno abbia un suo “mai al di sotto di”, una soglia minima sotto la quale sappiamo non andremmo mai (o quasi); e abbiamo in mente anche una nostra soglia massima, che raramente abbiamo toccato e raramente proponiamo al cliente. Ora, dato che il CV è un documento di vendita e non un riassunto della propria vita, credo che i professionisti (o gli aspiranti tali) che inoltrano il proprio curriculum ai potenziali clienti inseriscano almeno una di queste due soglie, la minima e la massima, nel curriculum. Eventualmente, terza ipotesi, ne inseriscono una media.
Bene. La mia domanda è: perché non le rendiamo pubbliche queste soglie? Di cosa abbiamo paura? Che male può fare ai colleghi se tutti, apertamente, qui o altrove, esplicitiamo le nostre tariffe? Francamente, non ci vedo pericoli. Sappiamo tutti molto bene che all’interno di un ipotetico minimo e massimo che stabiliamo possiamo muoverci in base a tanti fattori (i.e.: al potere contrattuale, ai tempi di consegna, al settore, al formato del documento ecc.), ma in ogni caso se proponessi una traduzione EN>IT a 64€/cartella probabilmente mi riderebbero in faccia, perché sappiamo che non è realistico pensare d’esser pagati questa cifra per questa combinazione linguistica. Dunque, in cuor nostro, ammettiamolo, il nostro massimo e minimo li sappiamo bene. Perché non li condividiamo?

Tante firme per un albo, per essere come gli avvocati o gli psicologi: le loro tariffe sono pubbliche, i loro minimi e massimi si trovano liberamente in internet nelle pagine dei rispettivi ordini. E io francamente non andrei da un medico, un avvocato, o uno psicologo che ha bisogno di sette lavori per arrivare a fine mese: preferirei andare da quello che so non fare altri lavori. Mi sentire più curato e sicuro di trovare qualità. “Tariffe professionali” significa, lo ripeto a costo di essere ripetitivo, tariffe che permettano di vivere da professionista e da traduttore (questa professione e nessun’altra). Bene; di quanto stiamo parlando?

Io, fin quando queste tariffe non le vedo nero su bianco, vedo solo nebbia e confusione: quello che può essere molto per me può essere poco per un altro, e può essere la tariffa media per altri ancora. Credo che forse sarebbe più costruttivo parlarne davvero, ma davvero, di queste “tariffe minime”.

A presto, e grazie per ospitare i miei commenti sul tuo blog,
Michele M.

giannidavico ha detto:

Grazie per i tuoi spunti, Michele. Ecco alcune note a seguire.

Intanto, non credo che inserire delle cifre in un CV sia una buona mossa. In generale, direi che è preferibile fare un preventivo di fronte ad una proposta concreta.

E poi una cifra minima, media e massima di per sé non significano molto, perché sono troppe le variabili in gioco. Per lo stesso motivo, quando dici:

> se proponessi una traduzione EN>IT a 64€/cartella probabilmente mi riderebbero in faccia, perché sappiamo che non è realistico pensare d’esser pagati questa cifra per questa combinazione linguistica

non mi trovi d’accordo, perché il prezzo lo fa il mercato e io compratore posso anche essere disposto a pagare EUR 64 a cartella. A certe condizioni ovviamente: per un lavoro strategico, magari la notte di Natale, per un progetto che richiede una competenza rarissima eccetera.

Sulla condivisione con me sfondi l’ennesima porta aperta. Io ho sempre parlato in maniera precisa e aperta di tariffe eccetera con tutti. Ho ricevuto critiche a non finire – anche qualche lode, per la verità -, sono sopravvissuto e sono passato oltre.

E comunque il Tariffometro è da anni una cartina di tornasole molto realistica del mercato in Italia. Anche Frauke ha sempre parlato in maniera chiara.

Quindi non è che non ci sia chi parla di prezzi, è che non puoi pretendere che tutti lo facciano. La maggioranza silenziosa non lo farà comunque, e questo è nella natura e nella logica delle cose.

Ma tu continua a pestare i piedi, a riflettere e a brigare: è un bene che fai a te stesso e a tutti i tuoi colleghi.

Gabriella Gentile ha detto:

Ciao Gianni e Ciao Michele, ho letto i vostri scambi tra un post e l’altro e mi avete stuzzicato…a questo punto mi permetto di aggiungere (dopo i complimenti a Gianni per la sua carriera e attività di scrittore e un in bocca al lupo a Michele) che quello che dice Michele è una cosa sacrosanta e vi propongo una riflessione.

Perchè non esiste un tariffario per il mercato delle traduzioni?
Perchè ATA, AITI, ANITI & Co. non disciplinano PUBBLICAMENTE il costo del SERVIZIO di traduzione?
Perchè i traduttori si lamentano costantemente del declino della professione e NON FANNO CARTELLO contro la politica commerciale scorretta a livello mondiale?
Qui c’è qualcosa che non è chiaro…qualcosa di non detto…ognuno cerca di conquistarsi la propria fetta di mercato e si fa gli affari suoi senza dire niente a nessuno…homo homini lupus…ecco perchè tutti si lamentano ma nessuno fa niente, ecco perchè non esistono tariffari di riferimento, ecco perchè molti di noi si vedono rifiutare i preventivi.

Può essere anche vero che il prezzo lo fa il mercato, ma se devo lavorare di notte a Natale ecc…ci saranno dei supplementi alla tariffa…così come fanno i tassisti.

Dopo tutto il brainstorming fatto sul web è ora di fare qualcosa!
AITI e ANITI dovrebbero premere sulle istituzioni (perchè loro la forza ce l’hanno) per far chiudere agenzie come queste:

http://www.translation-traduzione.com/traduzioni-cinese-italiano/prezzi-italiano-cinese.shtml

http://www.languageshop.it/listino/

Non sapete quante ce ne sono. Noi possiamo passare ore e ore a parlare, il che mi farebbe anche piacere, ma finché loro continueranno ad esistere il nostro lavoro non tornerà mai ad avere la dignità che merita. Possiamo dare anche la colpa ai beginner ma di fatto chi distrugge il mercato sono le agenzie, loro hanno un potere commerciale superiore allo studente che cerca di orientarsi sul mercato…anzi forse sono loro che manipolano le persone inesperte facendo loro credere che non si vive di traduzioni…

E per chi come me e Michele, traduce dal cinese l’arrabbiatura è ancora più grossa! Dopo tutta la fatica fatta per imparare i caratteri, la pronuncia, dopo essere stati lì a lavorare/studiare e a respirasi lo smog, a soffrire per l’umidità e il caldo torrido o il feddo umido (in certe zone della Cina i riscaldamenti sono vietati)…dopo tutto questo dovremmo vendere una traduzione a 100€ a cartella…ma se io lo faccio e mi dicono di no, ce n’è un altro che invece si vende per 10€ a cartella e lui lavora e io no…però io mi domando una cosa: ma quello che si vende per 10€ a cartella ma di cosa campa? Come fa a vivere? Ma soprattutto, ma come gli viene in mente di svendersi così??? Boh…

Grazie per aver ascoltato il mio sfogo.

Saluti,

Gabriella

giannidavico ha detto:

Ciao Gabriella,

grazie per i tuoi commenti, mi fa piacere che certe discussioni vadano avanti anche a distanza di tempo.

Sui prezzi bassi vorrei solo dire questo: chi lavora per due lire non è concorrente di chi lavora con professionalità, cura i dettagli eccetera. Sono mercati differenti! Non so in quale fase della carriera ti trovi tu, ma è normale che questo fatto diventi pacifico col tempo. Ti rimando a questo bell’articolo di Davide Calì: http://www.frizzifrizzi.it/2012/10/24/non-e-stato-previsto-un-budget/.

Non starei a preoccuparmi troppo. Se non è stato previsto un budget, una sana risata – piena, rotonda e liberatoria – è la miglior cura, per fortuna. Il mondo è un posto bellissimo.

E sui prezzi fissati da associazioni: il mercato è un luogo libero, ciascuno applica i prezzi che ritiene più opportuni. Ma sono due facce della stessa medaglia: il fatto che non ci sia un’associazione a “proteggerti” significa anche che tu avrai i meriti di quel che sei riuscita / riesci / riuscirai a conquistare.

Grazie ancora, e in bocca al lupo per tutto quello che farai.

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