La vita 2.0, venti mesi dopo


Ho fatto quel che ho voluto, e questo è ciò che conta davvero. Ho scritto questo libro per me soprattutto, perché dopo il secondo non volevo più che passassero tanti anni tra l’uno e l’altro, perché mi picco di essere scrittore (che lo sia davvero o meno non è importante, credo di esserlo e questo è sufficiente) e uno scrittore scrive, perché sentivo di avere cose da dire, informazioni da passare, volevo lasciare il segno.

Il libro ha venduto poco, ma non importa: ogni tanto mi arrivano messaggi di complimenti e allora mi rendo conto che è per momenti come quelli che scrivo. Ovviamente credo che meriterebbe molto di più ma questo lo pensa qualunque autore; i messaggi di chi l’ha letto e – soprattutto – messo in pratica mi bastano.

Io non sono tanto bravo a vendermi ma anche questo non importa: lì ci sono ricette pratiche, ricette che funzionano e per me è sufficiente. La mia vita è già 2.0 da anni ormai, alla fine è questo che conta. Il libro in sé piano piano si allontana da me, com’è naturale che sia.

Vendere, alla fine, non mi interessa nemmeno così tanto: vedo il libro come un messaggio in bottiglia, arriva ai felici pochi e per me è sufficiente, va bene così.

Commenti

Ylenia ha detto:

Il tuo libro avrebbe meritato maggiore diffusione, lo cito sempre tra gli amici o quando mi capita di parlare di downshifting e vita in generale.
Per me è stato utile come Adesso basta di Perotti, se non di più, ascoltando le domande che fanno spesso i lettori di Perotti durante gli incontri pubblici penso sempre che nel tuo libro troverebbero le risposte. Hai fatto bene a scriverlo!

giannidavico ha detto:

Grazie mille Ylenia, il tuo supporto è sempre molto apprezzato! 🙂

Isabella Massardo ha detto:

Se non sei bravo a venderti, come dici, perché tieni seminari di marketing per traduttori?

giannidavico ha detto:

Perché chi sa fa e chi non sa insegna, non lo sapevi? 🙂

Isabella Massardo ha detto:

Cosa fai? Rispondi citando George Bernard Shaw? Non vale.

giannidavico ha detto:

Eh, l’importante è lasciarsi una via di fuga!

giannidavico ha detto:

Aggiungo un commento che ieri mi è rimasto nella penna: scrivendo che non sono tanto bravo a vendermi pensavo soprattutto a Simone Perotti, che invece è stato grande nel promuovere le sue idee. Ecco, a me è mancato quello slancio che lui ha avuto. (Tanto di cappello, sia chiaro.)

Parlando in generale, la differenza tra il primo e il secondo è quasi sempre molto piccola ed è verissimo che “the winner takes all”.

Ma insomma ho elaborato quel lutto: le idee del libro funzionano – io ne sono la prova -, questo per me è sufficiente.

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