Accadde dodici anni fa. Per la prima volta arrivai (casualmente) in Corsica e subito questa terra mi sembrò magica.
Con gli anni l’ho girata, principalmente a piedi (o, per dirla con Pavese: “Non invidiava le automobili, sapeva che in automobile si attraversa ma non si conosce una terra. A piedi vai veramente in campagna, prendi sentieri e costeggi le vigne, vedi tutto. C’è la stessa differenza che guardare un’acqua e saltarci dentro”), ne ho adorati i piccoli paesi dell’interno (soprattutto quelli dove nessuno, o quasi, mette piede – l’Oriu di Canni ieri verso fine giornata, per dire), i larghi silenzi. Anche il mare, si capisce; che però è quasi un incidente, qui: perché la vera magia è nel silenzio.
Ne ho scritto tante volte, sempre con ammirato stupore. Le sensazioni sono sempre le medesime della prima volta, solo più sfumate e articolate. Sarò sempre uno straniero, qui, un ospite: ma va bene così.
Ieri ho corso, dopo il tramonto: e quando l’asfalto e lo sfrigolare delle griglie dei ristoranti hanno lasciato il posto ai grilli e alla terra battuta, ancora la magia mi ha pervaso. Diventava notte e non c’era nulla che io potessi fare per fermarla ma non importava: ero nella mia terra preferita, libero e leggero, le scarpe sfioravano la terra e i profumi di quella notte incipiente mi avvolgevano. Magia di Corsica.
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