Ho visto il mio corpo, negli ultimi anni, cambiare. Lo sento, soprattutto: perché i capelli grigi si vedono, ma lo scricchiolare delle giunture si sente.
È cambiato il mio animo: verso i trent’anni, quando muovevo i primi passi nella professione, ero sicuro di me, un ragazzo giovane in giacca e cravatta che sapeva il fatto suo. Poi qualcosa è cambiato: l’ultima volta che credo di essere apparso giovane è stato al congresso dell’AITI. Avevo quarantun anni allora e stavo cambiando, naturalmente; ma poi il processo ha acquistato momento.
È cambiata la mia anima, come conseguenza di tutto ciò che è successo e non successo in questi anni. Oggi tutto mi pare più difficile, mi pare di vivere al 5%, di esprimere solo la superficie delle mie possibilità reali.
Ma alla fine, sebbene nel mio cuore nessuna croce manchi, non credo sia così grave. Alla fine credo che Sabina esprima bene lo stato delle vite di coloro che giovani non sono più, ma per i quali la vecchiaia è ancora di là da venire:
Il premio degli anni che passano è la capacità di accogliere ogni giorno, benigno o severo, di trovargli un milione di pregi e un magro difetto.
Cioè insomma ho preoccupazioni materiali – all’età mia dovrei già essere sistemato e non fare sempre i conti con i centesimi di euro – e nell’animo, luogo dove difficilmente le cose sono strutturate come piacerebbe a me (mi sarebbe piaciuto, per dir meglio: perché ora anche se non tutto è al posto giusto va bene così), ma non importa: essere qui a registrare i miei pensieri, vedere il mio corpo e il mio spirito, io, trasformarsi ha un che di magico e va bene così.
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