Lo smartphone e io

oldwoman
Quest’estate avevo discusso con Chiara Zanardelli di un tema cui avevo pensato: il nostro (inteso come professionisti, traduttori o anche “semplici” utenti) rapporto con lo smartphone. Avevo proposto a lei di scriverne dal punto di vista professionale (e il suo pezzo – molto interessante – si trova ora qui), lasciando per me le considerazioni “filosofiche” (spicciole, ça va sans dire).

L’idea mi era nata in un pomeriggio in cui ero da solo nel mio rifugio tra i monti (quanti pensieri leggeri lassù!): avevo lasciato in casa – a bella posta – il mio bello smartphone ed ero partito per una lunga passeggiata tra i miei monti. Quelle poche volte in cui riesco a farlo la sensazione di libertà è completa, sia pure trattandosi di una libertà relativa perché di breve durata.

Se lo porto con me è comodo, certo, ma il rapporto con la realtà cambia: perché vuoi fare una foto, poi guardi il meteo, poi l’ultima su FB e insomma non c’è neanche il tempo per respirare. La realtà si modifica, appare filtrata, magari più digeribile ma di certo meno vera. E a me, che sono alla caccia perenne di sensazioni e di esplorazioni, la contraddizione appare in tutta la sua evidenza.

Non ho la soluzione a questa dicotomia, no: l’obiettivo di questo post è semplicemente quello di annotare i miei pensieri in tema, contraddizioni comprese. Io in fatto di telefonini non sono stato mai un early adopter, ma questo ora non mi aiuta perché mi sono portato in pari e troppo spesso me ne sento un po’ vittima. Il fatto è che da un punto di vista lavorativo la comodità e i vantaggi non sono discutibili; però quell’idea di “dovere” sempre sapere dove si trova me ne rende troppo dipendente.

Nella fattispecie per me smartphone vuol dire in sostanza email: un po’ per la mia “ossessione” per la posta elettronica (ricordo una pagina, che purtroppo non sono riuscito a ritrovare, di tanti anni fa in cui si metteva alla berlina il tormento di chi è sempre attaccato all’email, e dopo aver controllato se ha ricevuto messaggi nel caso non ce ne siano per sicurezza controlla ancora – sì, mi faceva sorridere ma un po’ mi descriveva), un po’ perché di fatto ancora oggi la pressoché totalità del mio lavoro passa per davico@tesietesti.it, un po’ perché le cose per me sono vere quando sono scritte, ma la sostanza è che le due cose sono sostanzialmente associate dentro di me. Tutto il resto è comodo, pratico, divertente ma non irrinunciabile.

Ecco, a pensarci bene dico che quell’indirizzo mail mi definisce parecchio. Non dico che quell’indirizzo mail sono io, ma insomma lì dentro c’è tanto di me. E quindi in sostanza per me lo smartphone è figura – nel senso auerbachiano del termine – della posta elettronica, un buon compromesso tra praticità e libertà.

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