Il bicchiere mezzo pieno

fioritura
Guardo questo diario, sfoglio queste pagine, questi sette anni e mezzo di pensieri e lo vedo ondivago – in determinati periodi le idee e gli spunti fluiscono copiosi, in altri è tutto un rigirarmi nei concetti che già conosco, qualcosa che so non portare da nessuna parte.

(Ah, che invidia, la leggerezza di uno Chagall, la visione di gioco di Platini, la scrittura di Pavese, l’invecchiare lento e maestoso del Barolo, il Po che scorre placido, dimentico di qualunque cosa accada o non accada. Che invidia.)

Io registro con sincerità. A volte, è vero, non ho molto da dire ma lo dico lo stesso perché è importante per me tenere il filo delle cose qui. A volte è un filo di poca sostanza ma è questo il suo dipanarsi.

Da un po’ di tempo l’idea della mezza età mi accompagna, e questo credo comporti l’accettazione dei limiti e del tempo che passa. Il passare delle stagioni, l’entusiasmo che si fa esperienza. Accettare quel che non posso cambiare, soprattutto accettare che quello che faccio può anche non avere un senso, uno scopo, un fine e un filo logico. Può non avere importanza, qualcosa che accade e finisce e basta.

La neve nel mio rifugio tra i monti se ne è praticamente andata. (Lo so perché sbircio quasi tutti i giorni la webcam sul sito del comune, ormai una sorta di rituale per me.) Ovvero c’è un’altra stagione alle porte, altre faccende, altre sfide, altre vittorie e sconfitte, altre cose che possono anche non significare assolutamente nulla ma sono da accettare anche loro.

Intanto nel giardino davanti a casa è tutta una fioritura, e questo è un bene.

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