Tag: famiglia

I vostri figli non sono figli vostri

Tutti conosciamo la poesia On Children di Kahlil  Gibran. In particolare, mi hanno sempre colpito questi versi:

You may give them your love but not your thoughts,
For they have their own thoughts.

Sì, i nostri figli anche quando sono piccoli hanno i loro pensieri, il loro mondo, la loro rete di conoscenze che – sorpresa! – non è uguale alla nostra.

Nostra figlia piccola, che è da poche settimane in quell’esperienza affascinante che è la scuola elementare (“Domani faremo la U. E sarà difficilissimo”), fa ovviamente conoscenze nuove. Mi ha sempre affascinato esplorare il mondo delle conoscenze delle nostre figlie da piccole, vedere che pian piano si creano un mondo intorno a loro che non è il nostro, o comunque è differente dal nostro.

Al mattino, accompagnandola a scuola, può capitare ad esempio che lei mi dica “Quella bambina è la mia amica Maddalena”. Non sono geloso di queste conoscenze, del fatto che il suo mondo non è il mio, no: ne sono ammirato e felice (e un […] continua a leggere »

Il mondo è piatto

In un giorno qualunque, lungo l’anno scolastico, verso l’ora di cena la mia primogenita e io comunichiamo tramite Skype. Lei per esempio mi avvisa quando la mamma le dice che è pronta la cena. Io sono nel mio studio e lei è in camera sua, a dieci metri circa di distanza.

(Del resto i discorsi normali della gente comune sono questi, come dice – bene – Jovanotti:

come stai quanto costa che ore sono
che succede che si dice chi ci crede
e allora ci si vede.)

In questi giorni, giorni qualunque del mese che più amo dell’anno, lei e io comunichiamo tramite Skype, e lei mi dice per esempio che cosa ha mangiato, oppure mi manda una foto appena scattata col suo iPod di cui è orgogliosamente felice. Ma siamo a 8mila chilometri circa di distanza km e 6 ore di fuso orario.

Le distanze sono annullate per le piccole cose come per le grandi. Il concetto stesso di distanza perde di significato, o quantomeno lo varia di un bel po’.

continua a leggere »

I padri hanno bisogno dei figli

Il titolo di questo post è “preso a prestito” dal sottotitolo di un grazioso libro di Gaspare Barbiellini Amidei, I nostri ragazzi crescono. (Curioso come vadano le cose e il mondo, lo comprai quand’ero all’università per capire la mia generazione – sembra ieri – e adesso è cambiata la prospettiva e il padre sono io.)

Ad ogni modo mi è tornato in mente per un’idea cui sto riflettendo in questi giorni: partecipare attivamente alla scuola dei figli non è solo un ovvio beneficio per loro, ivi inclusa la fiducia in se stessi con la quale crescere, è anche un bene – un gran bene, a dirla tutta – per noi.

I padri (e le madri) hanno bisogno dei figli perché cresciamo con loro, impariamo da loro e con loro, dagli errori nostri e loro. Perché completano le nostre vite.

E dunque prendere parte alle mille sfaccettature che la scuola comporta è per me una maniera per restituire alla comunità qualcosina del tanto che ho avuto e che ho, ma […] continua a leggere »

La festa del vino

A diciotto anni per me il vino era la vendemmia nella vigna di famiglia, un appezzamento coltivato a freisa, e soprattutto seguire poi quell’uva mano a mano che diventava mosto, sviluppava alcool e nell’inverno si trasformava in vino. Era un appuntamento fisso con uno dei miei zii preferiti. Il risultato era un vino che per me era assolutamente imbevibile, ma l’idea di creare qualcosa con le proprie mani e insieme ad altre persone – persone che erano miei miti personali – mi piaceva oltremodo.

Più tardi nella vita ho imparato a conoscere vini nobili, baroli, barbareschi e compagnia, mi sono perso per quelle vigne, le ho ammirate da lontano come si fa con un’opera d’arte talmente bella da sembrare troppo finta e comunque inavvicinabile.

Poi, creata la mia famiglia, il vino è diventato bottiglie che compravamo, al supermercato (che orrore!) o dai produttori. La “normalità”.

Poi ancora si è trasformato in damigiane – cabernet frank e pinot grigio, quest’anno – che acquistiamo da un produttore trevigiano di fiducia. Oggi il vino è […] continua a leggere »

Gli anni sono brevi

Temo quel momento.

Michela ha quasi sei anni, e tra pochi mesi la scuola materna sarà solo un ricordo. Piacevole, magico e splendido – ma appartenente al passato. Sarà tempo di passare oltre.

Ieri ho ascoltato questa canzone. So che è scritta per altri motivi, ma mi hanno colpito queste parole:

Considerare che sei la ragione per cui io vivo,

perché le ho riferite al bene più prezioso che ho, alle figlie che abbiamo la fortuna di avere.

E poi ho collegato tutto ciò a questo sito:

Then suddenly it hit me.
This bus ride was it.
[…] This was life itself.

Queste semplici parole sono alla radice del mio libro, e di tanti pensieri che ho.

O, per dirla con Angelo Manzoni (“angelo di sangue”):

sapendo che respirerai
vedendoti così
anche per me
angelo di sangue
si […] continua a leggere »

Mettere radici

Domenica sera all’imbrunire. La macchina carica, pronti a partire dalla montagna per tornare a casa. Ma la macchina non si avvia – le batterie cedono all’improvviso, si sa –, parlo con il nostro vicino e padrone di casa che si offre di portarmi il giorno dopo, di buon mattino, dal suo meccanico.

Mmmm. I piani cambiano, dobbiamo passare una notte e forse un giorno in maniera imprevista. Ma una disavventura diventa avventura: dopo lo smarrimento iniziale anche Michela è contenta, in fondo siamo in un luogo che è casa nostra più di casa nostra.

Mettiamo un po’ di radici in questo luogo che mi ha visto crescere. Qualche piccola radice in più.

E spaccare legna al sole di dicembre, giocare con le bambine, conoscere un po’ meglio il nostro padrone di casa, conoscere persone nuove e simpatiche (i meccanici), fare qualcosa di diverso ma in fondo di semplicissimo come essere una famiglia: […] continua a leggere »

Lui questo vuole dire

Papà, che smette un attimo l’ossigeno per fare l’aerosol, mi chiede un minuto del mio tempo (ma “gnun-e presse” [non c’è fretta], non sia mai detto che lui imponga qualcosa a qualcuno) per farmi sapere dove sono determinati documenti. Io so che cosa vuol dire.

Noi non parliamo molto – non abbiamo mai parlato molto, io non so esprimermi bene con le parole parlate. Con le parole scritte lo direi con i versi di Carlo Betocchi (Per cui):

Per cui
un vecchio come me s’alza dalla sua
sedia senza vacillare e si guarda
d’intorno. E s’accorge, senza averne
spavento, che il tempo scivola come
rena, e che il nuovo è tutto da venire
ancora tutto da venire: e sente
dire in sé sommessamente, dalla vita:
siamo parte dell’humus che prepara
il futuro, noi che ce ne andiamo.

Sì, lui questo vuole dire. Per cui.

Stanno tutti bene

A quei tempi non mi capacitavo che cosa fosse questo crescere, credevo fosse solamente fare delle cose difficili – come comprare una coppia di buoi, fare il prezzo dell’uva, manovrare la trebbiatrice. Non sapevo che crescere vuol dire andarsene, invecchiare, vedere morire, ritrovare la Mora com’era adesso.
Cesare Pavese, La luna e i falò

Guardo papà, un uomo buono, retto, giusto, sincero, onesto, fare fatica a scendere e salire dal letto. Vedo me stesso bambino sollevato come un fuscello dalle sue braccia, e vedo me stesso vecchio, vecchissimo, fare fatica a scendere e salire dal letto. Il padre e il figlio sono la medesima cosa.

L’altra sera a casa nostra c’è stata una sorta di riunione di famiglia, la parte cilena che è parte di me qui a condividere conoscenze di persone e fatti accaduti ben prima che io nascessi. Io non posso che ascoltare in silenzio, ammirato dalle gesta dei miei avi. Nella giustizia e nella rettitudine di nonno Giovanni ho ritrovato, tanti anni dopo, le radici del mio […] continua a leggere »

Insegnami a leggere

Papà ha 82 anni, il diabete, cammina con molta fatica, porterà l’ossigeno per sempre e ha circa un decimo di vista per ciascun occhio. (Proprio lui che, sembra ieri, mi sollevava come un fuscello.)

Michela, mia figlia piccola, ha cinque anni.

Martedì ho portato papà ad una visita presso un ottico (a 400 metri da qui e devi già prendere l’auto eccetera: un vero viaggio). L’idea era (ed è) quella di acquistare un videoingranditore per permettergli nuovamente, dopo un paio d’anni, di leggere senza che ci sia qualcuno che gli debba esporre un articolo. (Avevi 17 anni, la guerra appena terminata, tuo padre morto da poco e un mondo completamente a terra, hai attraversato l’oceano e affrontato l’ignoto per cercare la tua strada; a 82 non dici nulla perché questo è il tuo carattere ma certo tanto piacere non fa, il fatto di non riuscire nemmeno a leggere i titoli più grandi di un giornale o di una rivista.)

Martedì Michela ha scritto la sua […] continua a leggere »