Ovvero: buona parte di quello che so del mio mestiere non l’ho imparato a scuola
Danielle LaPorte non ha certo bisogno di presentazioni. Mi ha colpito un suo recente post, un elenco di errori che sarebbero da evitare ma che, se commessi, sono una manna perché insegnano molto sul proprio lavoro e soprattutto su di sé.
Mi sono ritrovato in molti di essi, e in particolare nel numero 3 (Got a workspace too soon), perché in quelle righe mi è sembrato di ripercorrere l’intera storia logistica di Tesi & testi.
Il mio primo ufficio era una stanza di 15 metri quadri circa e col bagno in cortile (era il 1995 – nel 1940 non ero ancora nato): lì comunque ho posto le basi per il futuro, ho avuto intuizioni che mi piace definire brillanti e ho provato emozioni intense riguardo alla mia creaturina di allora. (Come ad esempio la gioia di possedere un vero fax.)
Poi nel 1997 capii – meglio, credetti di capire – che un imprenditore deve avere tra le altre cose molto spazio per la sua azienda e un ufficio angolare per sé. La nuova sede era elegante, spaziosissima, molto bella da vedersi e confortevole come ufficio: ma di fatto ho passato anni interi a lavorare per pagarla.
Quando ci siamo spostati le cose sono migliorate, ma sono andate veramente a posto solo 14 anni dopo (sono lento a prendere il ritmo in tutto quello che faccio, è uno dei miei 800 difetti), quando il cerchio si è chiuso e sono ritornato nell’appartamento che fu della madre superiora. Spazi piccoli, vita di provincia, soddisfazioni enormi; e la bottom line non può che beneficiarne.
Gli errori, una manna dal cielo. Grazie Danielle.
Commenti
Love that manna.
Honored to have you here, Danielle!