Soluzioni e problemi

Il mio post della scorsa settimana, dove denunciavo una crisi di liquidità in cui sono passato nei mesi scorsi, ha portato ad una serie di commenti. Me lo aspettavo, sono temi su cui tutti siamo sensibili e su cui tutti abbiamo un’opinione.

Alcuni tra questi prospettavano la possibilità di cambiare mestiere, di cambiare settore, di cambiare forse anche vita. A mio modo di vedere però, in questo caso il cambiamento non è una soluzione. Voglio dire, io sono assolutamente a favore del cambiamento in sé – le nostre vite le conosciamo già, se non ci danno soddisfazione è proprio il caso che facciamo gli aggiustamenti e/o le rivoluzioni che sono necessari –, ma andiamo a scontrarci con un problema molto più ampio: il lavoro scarseggia dappertutto.

Ci sono troppi avvocati e ci sono troppi maestri di golf, proprio come ci sono troppi traduttori. La società liquida, nel bene e nel male. Possiamo forse sognare di fare il cassiere o la cassiera in un supermercato, ma anche riuscendoci non è detto che questo migliori la nostra condizione. Quante persone lavorano in un call center a 800 euro al mese?

Siamo alle soglie di un cambiamento epocale, è meglio essere preparati. Il problema è che purtroppo non sappiamo come prepararci, mi sa.

Io non ho soluzioni, però per il mio ultimo libro ho fatto molte ricerche, e quantomeno posso dire di avere un quadro della situazione, di essere informato a sufficienza su come vari pensatori e blogger immaginano delle soluzioni possibili.

(Io ho trovato la soluzione – provvisoria e imperfetta, come tutte le cose della vita: ma funziona – per me e per la mia famiglia, anche se ben pochi mi credono. “Io non sono l’esperto, sono l’esploratore e la guida”, per dirla con Tim Ferriss. Posso indicare una strada.)

Da un punto di vista economico possiamo agire sulle uscite e sulle entrate. Sulle uscite trovo vincente il sistema di Simone Perotti, sulle entrate quello di Tim Ferriss.

In poche parole, Simone dice che possiamo togliere tantissimo dalle nostre vite – affitti stellari, automobili di lusso, vacanze e gadget inutili e così via – ed essere ugualmente felici ma battendo il sistema, perché non avremo più bisogno di lavorare allo sfinimento per vivere come ci piace.

In poche parole, Tim dice che creandoti la tua musa libererai il tuo tempo. Una musa è un sistema che lavora per te: sfruttando automazione e informatica lavora anche quando non ci sei. Tipicamente un sito (ma è solo un esempio). Come arrivare a ciò? Naturalmente provando e riprovando, pensando e ripensando. Mettendo in conto almeno tre anni se parti da zero.

Quel che ho fatto io, nel mio modesto piccolo, è proprio questo: Tesi & testi è la mia musa, lavora anche quando non ci sono io, mi dà un reddito e così via.

Ovviamente ciascuno declinerà queste teorie nella sua pratica. Ma io dico che ciascuno può avere la sua musa, a condizione che:
1) lo voglia veramente (la parte più difficile);
2) compia i passi necessari, a partire da adesso;
3) aspetti il tempo debito.

(La ricetta per il pane non è differente, a ben vedere.)

Commenti

Sabi(na) ha detto:

Ci siamo. Questo è l’approccio che paga, lo sappiamo. L’ho vissuto anni fa sulla mia pelle, quando mi sono resa conto che restare in casa a tradurre, giorno e notte non faceva per me. Mi sono reiscritta all’università e mi sono messa nel cassetto l’abilitazione all’insegnamento che, guarda caso, mi è servita da subito.

Non ci siamo. La riduzione delle spese, ahimè. Da tempo non possiamo permetterci automobili di lusso né case al mare/montagna dagli affitti galattici per non parlare delle vacanze in resort esclusivi, tale e tanta è la pressione fiscale diretta e indiretta in questo paese, che davvero lavorare a volte non basta.

Pensare, ci si sta pensando. Con due figli a carico non posso mettere una bomba nella mia vita e fare esplodere tutto. Chi mi seguirebbe? Mi spetta il cambiamento, un altro, ancora una volta, meditato, ponderato, valutato, sperimentato. Si tratta solo (dici niente?) di capire in quale direzione.

Grazie, perché pensare a voce alta, con i tuoi post, è un aiuto non da poco e mi fa sentire meno sola nel mio percorso.

Laura ha detto:

Come ho detto su Twitter, sono molto d’accordo, troppo d’accordo.
La riduzione delle spese per noi c’è stata (insieme ad altre cose). Non legata tanto a una necessità, quanto alla consapevolezza che stavamo sprecando in troppi ambiti, ed è stata liberatoria, proprio come dice Simone nei suoi libri. A prescindere dalla motivazione, ha fatto una bella differenza, che si sente e fa un gran comodo.
Il resto (almeno per me) è più complicato.

Ylenia ha detto:

Sono d’accordo con te, siamo di fronte a un cambiamento epocale che però nessuno di noi cittadini comuni ha scelto. Mi chiedo spesso chi è che “guida” il mondo, non credo le nostre scelte individuali, abbiamo ben pochi margini di manovra, siamo ininfluenti e interessi grandi come razzi volano sopra le nostre teste (cito Simone Perotti). Dobbiamo affrontare un cambiamento non scelto, quindi adattarci nel migliore dei modi ad una situazione ambientale non causata da noi. Il lavoro scarseggia, non è un dramma solo per chi non ce l’ha, ma anche per chi vorrebbe cambiare, migliorare, crescere (me ad esempio), ti guardi intorno e le possibilità sono quasi nulle, ciò è deprimente. Chi ha scelto la società liquida? Come siamo stati influenzati per diventare così? Andrò a rileggermi Bauman…

Lascia un commento