Tariffe

DC
Il post di oggi è l’ideale complemento a quello della settimana scorsa, scritto dalla traduttrice Gabriella Gentile sul tema sempre caldo delle tariffe.

Che cosa succede se il cliente offre 5 centesimi a parola?

È semplice: una risata, grassa, sonora e liberatoria. Una risata li seppellirà. Senza tante parole o fronzoli: si ride e si passa oltre.

Dice Gabriella:

Le agenzie cattive sono molte di più di quelle buone, […] le tariffe da fame (inferiori rispetto agli anni precedenti) sembrano essere diventate uno standard di mercato.

Mi sono affacciato a questa professione intorno al 1996, e udivo allora precisamente gli stessi concetti. La storia è sempre uguale a se stessa e si ripete. È ovvio – e anche logico – che un compratore offra poco, offra comunque “di meno”; ma, altrettanto, è logico che il venditore rifiuti la proposta e passi oltre.

In questi anni ho aumentato in maniera regolare i prezzi, perché questo garantisce ai miei clienti che io sarò qui anche domani a servirli. Sì, negli ultimi due anni ho fatto fatica, come chiunque, ma chi vuole i miei servizi deve essere disposto a pagarli quello che è giusto. Così, o non se ne fa nulla. Valgono infatti sempre le parole di Jack Walsh a Eddy Mascone in Prima di mezzanotte:

Dammi quello che è giusto, Eddy, e te lo porterò qui entro venerdì a mezzanotte.

Jack
E questo anche perché “Quando c’ho il mal di stomaco / ce l’ho io, mica te, o no?”, come canta Vasco Rossi (e l’INPS che mi inseguirà fino alla tomba è uno dei miei mal di stomaco).

E poi parlare di “medici, ingegneri e avvocati” è poco significativo: la concorrenza nel campo legale, tanto per dire, non è differente da quella che si trova nel nostro settore. Il discorso è uguale per tutti. Certo è verissimo, come dice Gabriella, che

a volte sono gli stessi traduttori (o presunti tali) che si svendono diventando pane per i denti delle agenzie a basso costo che promettono servizi accurati in 24 ore,

ed è su questo punto che occorre lavorare. Spezzare l’assedio, per dirla alla Luca Canali. Ma allora appare chiaro che “ho guardato il nemico negli occhi, ed ero io”. Quindi sì, ancora una volta concordo con Gabriella quando dice

l’imperativo deve rimanere sempre quello di non praticare mai tariffe basse per vincere sugli avversari perché questo oltre ad essere una falsa vittoria è un attentato alla professione,

però solo per il primo dei due motivi, la falsa vittoria. Perché l’attentato alla professione richiama alla mente la questione del rispetto. E “rispetto” è una parola che ricorre spesso, nei discorsi dei traduttori: “I clienti – le agenzie, soprattutto – non hanno rispetto per noi…” eccetera.
rispetto
Discorsi sentiti troppe volte, ma che lasciano il tempo che trovano: qui dobbiamo fare nostra la lezione di Renato Beninatto, il quale va da anni sostenendo che le traduzioni per i nostri clienti sono tanto importanti quanto la carta igienica, di cui ti rendi conto di avere bisogno di solito quando? Quando è finita, ovviamente!

(E si veda anche l’articolo citato da Luigi Muzii a commento del post di lunedì scorso, in cui Marcela Reyes dice le stesse cose. E sempre sullo stesso blog è da segnalare almeno questa intervista a Renato Beninatto. E il cerchio si chiude.)

Allora: il nostro ego può uscirne danneggiato, ma la nostra bottom line ne guadagnerà nel momento in cui ci rendiamo conto che di fatto raramente i nostri clienti includono le traduzioni quando pensano strategicamente al loro business. Però, ovviamente, tanto più saremo in grado di costruire una relazione d’affari con loro, tanto più sarà facile essere considerati non dei fornitori ma dei partner strategici, e tanto meno dovremo riconsiderare la questione del rispetto – perché sarà scontato che il nostro servizio porta benefici e quel che facciamo fa la differenza.

In questa maniera si esce – meglio, si può uscire – dalle forche caudine delle tariffe per vivere con dignità del proprio lavoro.

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