Del pressappochismo, ovvero: le cose che non cambiano

Langit
Sono rientrato da poche settimane in Langit, dopo un’assenza di anni.

Non che la cosa mi stupisca, ma in tanti, troppi messaggi ho trovato – è stata la mia prima impressione – la stessa sciatteria, la stessa trascuratezza, la stessa disinformazione che all’epoca avevo lasciato.

Due esempi, tra i tanti possibili: mail scritte a caratteri tutti maiuscoli, oppure scritte senza il rigore che il mestiere di traduttore richiede.

Noi che lavoriamo con le parole scritte dovremmo essere infastiditi se una singola virgola non è al suo posto preciso.

Ricordo una sera, terminata la sessione di lavoro di una conferenza ALC (era giugno 2005, lo ricordo bene perché era il sabato immediatamente precedente l’annuncio dell’acquisto di Trados da parte di SDL – certe cose si sedimentano dentro di te con immagini e colori e profumi e aria), in cui un collega disse:

Tu credi che lunedì mattina, quando i nostri colleghi torneranno in ufficio, metteranno in pratica quel che hanno sentito, le esortazioni a cambiare, a fare meglio eccetera e di conseguenza cambierà tutto?

Era una domanda retorica, ma mi colpì. Perché io credo che cambiare sia una sorta di imperativo categorico per chiunque, un dovere morale oltre che un mezzo per stare meglio. Ma chi mi sente!

Commenti

qabiria ha detto:

Ogni atto comunicativo segue il suo codice: non mi aspetto di trovare virgole fuori posto in un testo tradotto da un professionista. In un forum o in una lista di discussione, mi accontento che vengano rispettate le regole della “netiquette”. C’è differenza fra scrittura professionale e due righe pubblicate in fretta per chiedere informazioni, rispondere a una domanda, ecc. Secondo me il pressapochismo è altrove, nella sostanza più che nella forma. Ad esempio nelle richieste di lavoro che mi arrivano quotidianamente senza nemmeno una riga di personalizzazione: “Dear Sirs” (che non ci vuole nemmeno molto a personalizzarle in automatico…) 🙂 Ma comunque si parla al vento, sì.

giannidavico ha detto:

È giusto quello che dici, però bisogna tenere conto di un fatto: molti potenziali clienti di quei traduttori che scrivono le mail a caratteri cubitali leggono Langit, e il sapersi presentare in pubblico è un discrimine non da poco.

È logico che il testo che consegni deve essere “perfetto” e una mail potrebbe anche essere meno curata, ma quella stessa mail fa parte del tuo lavoro di comunicazione e marketing. Potrebbe non parere, ma “là fuori” c’è chi ascolta.

Dico questo solo da un punto di vista pratico, senza contare il fastidio che secondo me dovrebbe provare, nello scrivere in maniera sgrammaticata (semplifico), chi lavora con le parole scritte.

Luigi Muzii ha detto:

Non si parla al vento, altrimenti tanto vale restare zitti e questo post è inutile, come gli altri, qualunque altro. Così si sputa in aria.
In realtà certi discorsi sono espressioni di wishful thinking: chi li pronuncia sa benissimo che restano fini a se stessi ed è il primo a comportarsi diversamente.

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