Cambio operatore

manhattan
Ho cambiato, nelle settimane scorse (mesi, più precisamente), fornitore di connettività Internet e telefonica. Le ragioni sono illustrate qui. Ne ho ricavate alcune lezioni per il futuro, che indico a seguire.

  1. La maggior parte delle persone agisce in buona fede. Ho avuto a che fare, in questi mesi, con decine di persone differenti: commerciali, operatori di call center, tecnici e così via. La maggior parte di esse cerca di fare il massimo con gli strumenti che ha a disposizione.
  1. Le organizzazioni non esistono per fornire un servizio, ma per alimentare se stesse. Nulla di nuovo, per carità, ma mi è stato lampante in questi mesi che io sono solamente un numero per loro, un’infinitesima tessera in un mosaico molto più grande fatto di consumatori.
  1. Comunicare con tali organizzazioni è impossibile. Per il semplice fatto che esse non hanno nessun interesse ad ascoltare le tue esigenze: tu sei un numero, e una volta che si avvia un processo esso va avanti per forza di inerzia, ma senza alcuna passione intrinseca.
  1. Nella stragrande maggioranza dei casi nessuno, all’interno di tali organizzazioni, ha idea di che cosa succede. Tu sei in balia di questa o di quella informazione, spesso inaccurata quando non palesemente falsa: non per cattiva fede, semplicemente perché l’organizzazione stessa non ha l’obiettivo di fornire un servizio accurato, ma di far soldi tramite un nuovo cliente (o, più precisamente, “consumatore”).

Queste considerazioni, basate su fatti realmente accaduti, danno la stura a riflessioni e poi osservazioni molto più interessanti (ma in gran parte ancora da fare): perché quanto detto fino a qui è la pars destruens, ovvero l’osservazione di quanto non funziona. Ma dato che con tutta probabilità non c’è maniera alcuna che queste cose possano funzionare in modo diverso (una grande azienda non esiste per soddisfare un’esigenza di un suo consumatore, ma solo per perpetuare se stessa attraverso politiche aggressive, utili crescenti – almeno nelle intenzioni – e così via), il mio obiettivo è di concentrarmi sulla pars costruens. Ovvero: che cosa posso fare io, singolo e con mezzi limitati, per uscire da questo sistema che mi considera puramente consumatore fino alla fine dei miei giorni?

Alcune risposte, sia pure provvisorie (ma nulla di quello che penserò e scriverò sarà mai, per definizione, definitivo), le ho già date: su tutte, il libro e il mio conseguente progetto di vita sui monti. Io credo fermamente che la risposta vada in quella direzione, e sono confortato in questo pensiero da tanti casi come pecoranera, solo per citare il primo che mi viene in mente.

Con la prossima stagione comincerò a occuparmi dell’orto. Mi rendo conto, ci arrivo tardissimo pur avendo una mamma fatta di terra e sudore e nebbia e fango; ma insomma, chi pensa che la frutta maturi tutta insieme come le ciliege non sa nulla dell’uva.

In due parole: occorre ancora tanta riflessione, ma la risposta alle grandi organizzazioni per le quali non sei altro che l’ennesimo consumatore è fatta di autoproduzione di pomodori. Rinuncerai a tante comodità, è vero, ma avrai in cambio la tua libertà.

Commenti

Petra Haag ha detto:

Proprio così Gianni.
La libertà è anche una questione di scelte.
Vedrai come cresceranno bene i pomodori!

Lascia un commento