Gianmaria Testa

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Cioè, non è che io possa dire di averlo conosciuto bene come chansonnier.

L’avevo “incontrato” tre anni fa grazie a questo blog, col cui autore, Marco Zanette, avevamo fatto un piccolo progetto (lui aveva scritto un pezzo splendido e informatissimo su Maria Giuana – non è la grafia piemontese esatta, ma è per capirci) e io avevo tradotto in piemontese la parte che “ci” riguarda.

C’era un video, su YouTube, che poi è stato cancellato (non so perché), dove Gianmaria Testa cantava Maria Gioana (sì, è questa la grafia precisa). Una versione da fare accapponare la pelle, un canto che mi portava direttamente al me bambino, quando al ritorno dalle rare gite la mano di mamma mi accarezzava i capelli e quello stato di dormiveglia (più dormi che veglia, per la verità) lo porto dentro di me come un momento mitico nel senso etimologico del termine, come un assoluto, come un per sempre.

Altri, in tanti, ben più competenti e informati di me, hanno scritto cose bellissime in questi giorni su Gianmaria. Questo pezzo mi ha colpito sopra tutti. Da lì sono arrivato qui, e poi qui.

E da lì sono andato dappertutto, perché anche se non lo conoscevo bene la poesia non ha confini, non si può fermare. E la terra tanto meno. L’essenza. Cavalimor. Le parole di un poeta, la sua vita – queste mie parole sono solo un ricordo abbozzato, un piccolo grazie, ma di fatto non diranno nulla; però le sue sì, e come.

Cioè insomma niente, non ho molto da aggiungere. Ma questo volevo dirlo, ecco.

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