Erbo ‘d famija


La foto ritrae papà e mamma di ritorno da messa, la domenica delle Palme 1 aprile 2012. È una foto che ho scattato di soppiatto dal balcone di casa, quasi una foto rubata, a mia memoria l’ultima immagine di papà prima che iniziasse la fase rapida – be’, forse non troppo rapida, ma comunque decisa – del declino.

Guardando la foto mi par di capire delle cose.

Papà portava l’ossigeno da un anno circa, e sia pure claudicante procedeva a passo ancora relativamente spedito. Mamma lo assisteva sicura, a sua volta assistita dal ramo d’ulivo. Ieri sera mi diceva che papà negli ultimi tempi le diceva che Radio Maria li aveva “proprio salvati” (nel senso della compagnia, del ritmo delle cose). Non mi supporta questa fede, ma ne ho il massimo rispetto.

Dice Tavo Burat (Erbo ‘d famija):

Pare e Mare
quat grand,
eut ëpceron…

ij vej a son
milanta

cobia
a cobia

rèja
d’agraf

an gabi
scarbolëtte

An ti ‘me ant un tracior sò sangh a cola.

[Padre e Madre
quattro nonni,
otto bisnonni…

gli avi sono
migliaia

coppia
a coppia

riunione
di parentesi graffe

in radure alpestri
cardi stellati

In te come in un imbuto il loro sangue cola.]

Immàginateli, tutti quei vecchini, camminare tranquilli due a due, venire verso di te per farti nascere, poi tornare lietamente da dove sono venuti. Immaginali, i tuoi genitori, i quattro nonni, gli otto bisnonni e così via, tutti via via un poco più sfocati, sempre più in bianco e nero ma tranquilli, lenti, sicuri. Ti hanno fatto nascere, il loro compito è svolto. Immaginali. Vedili, tutti sereni dinnanzi a te.

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