Questa mattina ho portato a scuola Michi e poi ho corso. Volevo correre più forte delle mie ansie e delle mie paure, o meglio andare oltre loro, lasciarmele alle spalle.
Ma purtroppo lo sapevo già. Come lo sapeva Rocco Scotellaro:
Ho capito fin troppo gli anni e i giorni e le ore
gl’intrecci degli uomini, chi ride e chi urla
giura che Cristo poteva morire a vent’anni
le gru sono passate, le rondini ritorneranno.
Sole d’oro, luna piena, le nevi dell’inverno
le mattine degli uccelli a primavera
le maledizioni e le preghiere.
E come lo sapeva Franco Fortini (Traducendo Brecht):
Gli oppressori tranquilli
parlano nei telefoni, l’odio è cortese, io stesso
credo di non sapere più di chi è la colpa.
Sapevo, e l’ho scritto più di una volta (per esempio qui), che fino a che entrambi i miei genitori sarebbero stati in vita avrei avuto qualcuno che, comunque, senza domande o condizioni, sarebbe stato dalla mia parte, qualunque cosa potesse succedere. Ora che quel binomio è spezzato, lo sapevo che sarei stato preda di ansie e paure cui tante volte fatico persino a dare un nome, paure che non riesco nemmeno a verbalizzare.
Allora ho corso. Le paure, non sorprendentemente, sono ancora tutte qui, tutte in fila, tutte a comporre un buco nero che mi guarda sogghignando malignamente. Ma ho corso, sono andato lontano e sono tornato, quelle stesse medesime paure ora le temo un pochino di meno.
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