Arco declinante

Trovo che il mondo è bello e degno. Ma io cado.
Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, 14 gennaio 1950

Eppure luglio è il mese più bello dell’anno.

Oggi mi sono seduto a guardare i miei pensieri. Senza volerli giudicare, solo per vedere quali sono, come sono fatti.

Ho pensato alle tante magagne che compongono il mio tempo: i fallimenti, le paure, le ansie, i tormenti.

Ho pensato al mio amico che c’è e non c’è più. Ora sì che avrei bisogno di esporgli le mie difficoltà, mi servirebbe proprio sapere quel che ne pensa. Anche se so bene che farei difficoltà a tirare fuori le parole, a spiegarmi; ma è già successo, un giorno, tanti anni fa.

Io che avevo predisposto la mia vita stendendola su crinali di parole; e ora quelle parole mi appaiono senza significato.

L’estrema vanità del tutto.

Mi accompagnavano i miei poeti – quelli mi accompagnano spesso. In realtà non poesie precise ma voci. Saba, Ungaretti, Montale.

La mia incapacità di incidere nel mondo. Io che volevo andare oltre, pavesianamente mangiarmi una collina. E invece mi sembra di ripetere gli stessi gesti, identici, di provare gli stessi sentimenti, di pensare i medesimi pensieri. Nulla cambia dentro di me, nulla cambia intorno a me.

Avevo pensato di prendere la scorciatoia (ciapatravers), ma mi accorgo che quella scorciatoia non porta da nessuna parte.

C’è una luce che intravedo ma purtroppo non arriva mai.

Quando è accaduto? Quando è stato quel momento, quel giorno, in cui ho iniziato a prendere una direzione sbagliata?

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