Ho ascoltato più volte questo pezzo, che conosco per via delle mie figlie.
Ligabue dice niente paura. Ma come, niente paura? Io penso ai miei errori, al dolore inferto e subito, alle deviazioni di percorso (ah, come invidio chi sa andare diritto, chi ha idea di quello che fa – io storto o niente).
Gianni. E questo mio diario che registra pensieri confusi, io che dritto proprio non so andare.
A volte, però, mi par di capire. Sono lampi, e poi ricado nella mia mediocrità.
E che cosa sono queste lacrime che continuano a cadere? Sono figura dei miei errori. Le mie figlie sono la cosa più bella che la vita mi ha dato. Sono brave persone. E io non mi sento più all’altezza del mio compito. Che delusione, Gianni. Gianni.
(Ma io vi ho amate. Vi amo, vi amerò sempre. Io sono un papà imperfetto ma vi amo, vi amo nonostante me.)
E tutto quel che non funziona e che non va, la mia vita come un ingranaggio rotto, come un’auto da rottamare perché ha fatto il suo tempo.
La magia del tempo, le cose belle. Pavese (14 gennaio 1950): “Trovo che il mondo è bello e degno. Ma io cado”. Io sono quell’uomo, quel cinquantaduenne che era un ragazzo di belle speranze che oggi è l’ombra di se stesso. Gianni.
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