Lo sai qual è il vero problema, Rachel?

Sotto la corrente, superficiale e leggera, di ciò che diciamo di provare – sotto la corrente,
così luminosa, di ciò che pensiamo di provare – laggiù scorre
con forza silenziosa, oscura e profonda,
la corrente centrale di ciò che davvero proviamo.
(Matthew Arnold)


Io ho capito che cos’è la mezza età – per me.

Da un punto di vista fisico (quello più semplice), lo so da cinque anni circa (l’ho scritto qui e qui, e poi anche qui). Sono i capelli grigi, tempi di recupero più lunghi, dolorini nuovi ogni tanto, la vista che cala. Ma insomma te ne fai una ragione, fai quello che puoi per rallentare un cambiamento inevitabile e passi oltre.

In più mi sono scattato una foto per mandarla a un amico, qualche giorno fa, e ho visto in un lampo tutto il peso degli anni dipinto nel mio volto. Ho cinquant’anni, e si vedono tutti quanti.

Da un punto di vista mentale (la questione diventa più complessa) è soprattutto la qualità delle decisioni che diventa farraginosa, è soprattutto il rendermi conto che sono montalianamente della razza di chi rimane a terra. Pavese (Il diavolo sulle colline):

– Come, – gridò Pieretto nel vento, – non sai che quello che ti tocca una volta si ripete? Che come si è reagito una volta, si reagisce sempre? Non è mica per caso che ti metti nei guai. Poi ci ricaschi. Si chiama il destino.

Il corpo invecchia e si vede, la mente invecchia e si sente. Io lo sento, almeno.

Da un punto di vista delle sensazioni (e qui entriamo nelle intricazioni della persona, da dove sinceramente non ho idea di come uscire) la risposta breve può darla il Piccolo principe (“È tutto un gran mistero”). Quella più lunga… va be’, provo.

La mezza età – parlo per me – è il luogo dove si raccolgono gli errori fatti nel passato recente e lontano. Se fossi stato più oculato, se avessi fatto o non fatto questo o quell’altro… Dice Cheyenne (Sean Penn) in This Must Be The Place:

Lo sai qual è il vero problema, Rachel? Che passiamo senza neanche farci caso dall’età in cui si dice “un giorno farò così” all’età in cui si dice “è andata così”.

Le sensazioni di questa fase della mezza età non sono per nulla positive. Distonia, senso di smarrimento e di vuoto. Ancora Pavese (Il mestiere di vivere, 14 gennaio 1950):

Senso di cagionevolezza, di decadenza fisica. Arco declinante. E la vita, gli amori, dove sono stati? Serbo un ottimismo: non accuso la vita; trovo che il mondo è bello e degno. Ma io cado. Quello che ho fatto ho fatto. Possibile? Desiderio, brama, ansito di prendere, di mordere, di fare. Ci arriverò ancora?

Insomma vorrei che fosse chiaro che io ho tanti problemi, che ho tante cose che non vanno, magagne errori dolorini macigni pensieri frustrazioni. Che non sono più l’imprenditore di successo che ero. Che il peso dei miei errori mi travolge. Che non sono contento per nulla di come interagisco col mondo. Che a volte mi prende una rara felicità, solo quando sono immerso in un compito per il quale mi dimentico di me stesso; ma dura poco e poi ricado in quel gorgo fatto dei miei pensieri negativi, dall’odio che non di rado mi capita di provare per me stesso.

E allora scrivo perché non so fare altro. Scrivere mi avvicina un poco al mondo col quale fatico così tanto ad avere a che fare. Questo post è un messaggio in bottiglia che magari non arriverà mai a destinazione.

Lascia un commento