Sono passato questa mattina davanti al palazzo in cui ho trascorso tanti anni fa cinque anni molto intensi nella mia vita giovanile. Ero uno studente bravino, niente di più. Non avevo di fatto amici, solo qualche conoscenza. Questo è sempre stato un mio grande limite. Mi è sovvenuto qualche verso di Bertolucci:
Le mattine dei nostri anni perduti
i tavolini nell’ombra soleggiata dell’autunno
i compagni che andavano e tornavano, i compagni
che non tornarono più.
Ho pensato anche a una frase di Jovanotti (“Un cartello di sei metri dice tutto è intorno a te / ma ti guardi intorno e invece non c’è niente”).
I pensieri si affollavano nella mente, mi sono venute in mente un sacco di cose, ma nessuna di qualche importanza degna di nota. Mi ha colpito soprattutto la desertitudine della zona, il fatto che un luogo che dovrebbe essere affollato è chiuso e basta. Ho pensato alla speranza cui tutti abbiamo diritto, indipendentemente dall’età e dagli errori che possiamo avere o non avere commesso.
Ho pensato anche, io che il calcio non lo seguo per nulla, a Prandelli, alla dignità dell’uomo nel mettere sul piatto il suo “assurdo disagio”. (Mi echeggia il “vizio assurdo ” di Pavese: ma quanto […] continua a leggere »





