Ott 10

Parrà strano, ma io non avevo mai visto morire qualcuno.

Da venerdì sera era chiaro che papà era al limitar di vita, perché le sue vene non ricevevano più flebo e la bocca non era in grado di inghiottire le medicine.

Sabato è stata una giornata ancora quasi normale: contro ogni evidenza ha mangiato un paio di yoghurt e un paio di fruttini, e preso parecchia acqua gelificata. A mia domanda mi ha anche detto che stava bene (e figurati se si lamenta).

Domenica la situazione, come prevedibile, è peggiorata ancora un poco. Ieri mattina era evidente che era questione al massimo di ore. Io ho fatto partire alcuni progetti, ho fatto una commissione (pensandoci ora è stato come un atteggiamento apotropaico, come la negazione dell’evidenza dei fatti), poi mi sono seduto al suo fianco. Noi figli eravamo lì, con mamma ovviamente.

Il respiro era sempre più lento, più flebile, poco più di un lamento. I battiti del cuore e del polso rallentavano vistosamente. Gli era anche venuta la febbre alta. A un certo punto mi è successa – ci è successa, forse – una cosa piccola che ha qualcosa di magico: gli ho preso il braccio, quel braccino inerme, e l’ho tenuto in mano. Gli ho sussurrato ora puoi andare, papà. Gliel’ho ripetuto due volte. Lui ha emesso un ultimo lamento più acuto, ha chiuso gli occhi ed era tutto finito.

Più avanti parlerò di tutte le incredibili manifestazioni di affetto che stiamo ricevendo, ovvero del bene che papà ha seminato in vita. Ma ora puoi andare, papà.


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