Mi sono imbattuto in questo volume per caso, nel corso delle ricerche per il mio libro sulla filosofia spicciola (18.635 parole al momento; dei contenuti non so giudicare), e ho iniziato a sfogliarlo in maniera distratta, da lettore vorace e consumato e abituato a troppi libri inutili. (Saccente, in una parola.)
Poi però arrivo a pagina 78 e trovo una frase, sui motivi per i quali in economia si parla troppo poco di felicità, che vorrei avere scritto io:
Quasi che la felicità fosse considerata un punto d’arrivo talmente alto e indefinibile da dover restare fuori dal dibattito.
Allora mi appassiono. Mi faccio attento e guardingo, trovo altri concetti che attirano la mia attenzione. Mi incuriosisco. Naturalmente arrivo al sito di Luca De Biase, che è un punto di partenza per altre riflessioni.
Adesso c’è molta carne al fuoco e, per ora, di più non so dire. Però bravo Luca, non ti conosco ma il tuo lavoro è ottimo.
Oltre a De Luca, di economia della felicità hanno scritto altri, tra cui, soprattutto, il premio Nobel per l'economia nel 1998 Amartya Sen. Non ho ancora letto il libro di De Luca che, peraltro, segnalo essere praticamente disponibile in Rete, e sono rimasto un po' perplesso nel vedere che Sen non è stato citato. Del resto, l'idea di usare altri paramentri per calcolare il PIL non è nuova, mentre, forse, bisognerebbe proprio non usare più concetti come quello di PIL, ma sembra proprio essere impossibile se, superarlo, si è stati capaci solo di proporre altri indici come l'HDI, il GPI e il GNH che suonano anche peggio.Io ritengo che la felicità sia proprio un punto d'arrivo e non sia un diritto, e che sia sterile dibattere di essa, mentre sia utile discutere delle modalità del suo perseguimento, che invece credo sia un diritto. Se è di questo che si parla nel libro di De Luca (e ti saprò dire), allora concorderò con il tuo giudizio, diversamente, concluderò di essermi solo imbattuto nell'ennesimo chiacchierone di successo.
Beh, la versione disponibile in rete è abbastanza diversa rispetto al libro pubblicato. Non so dire nei dettagli, ma tanto per dare un riscontro grossolano i capitoli del libro sono 12 (5 in più).Sen è citato nel libro.Quello che trovo interessante di questo volume è il parlare della felicità senza pudore e come misura reale dell'economia.In sostanza, mi pare di capire, l'economia ha per troppo tempo dibattuto solo di quel che poteva misurare, mentre la vita "reale" era ben più complessa; ora ce ne stiamo rendendo conto e molti studi vanno quindi – giustamente, a mio avviso – in quella direzione.