Ho fatto di recente una ricerca di traduttori inglesi: è un’attività di cui mi occupo periodicamente, perché la combinazione IT>EN è sempre merce rara in questo settore. Infatti, come dice Marco Paolini parlando dei napoletani, metà del lavoro l’ha già fatto la mamma: di fatto un madrelingua inglese in Italia ha possibilità di lavoro più elevate rispetto a persone di altre lingue.
Comunque. Da alcune risposte ho avuto sentore che in tanti, troppi traduttori (sedicenti o meno – questo lo ignoro) c’è un pericolo: ovvero quello che la traduzione assistita possa essere confusa con la traduzione automatica. E questo è un rischio non da poco, se presente nella mente di chi traduce, perché fa passare l’idea che un conto è tradurre e un conto è “quella roba là”, Google Translate, Bing e via dicendo.
Un traduttore, ad esempio, mi diceva:
Sono specializzato nella traduzione/revisione testi di argomento biomedico, i quali si prestano difficilmente all’utilizzo di CAT o altri programmi automatici.
Ora, io sono giunto abbastanza tardi ai CAT (sono lento in tutto, questa è la mia natura e non credo di poterla cambiare – forse modificare un pochino, ma cambiare no di certo), anche perché la mia formazione umanistica, Pavese, Massano, l’intenso senso di letterarietà dell’esistere provato nei giorni – era il 1988, credo – in cui vidi Firenze per la prima volta e tutto il resto mi hanno per tanti anni portato a credere che sì, quelle meraviglie tecnologiche aiutano ma insomma la parola scritta non si può contenere in un computer. (Agevolato in questo anche dal fatto di aver lavorato con professionisti assai competenti, che mi hanno aiutato nella mia paura che mi ha tenuto lontano dai CAT – del resto il mio mestiere è stato sempre quello di gestire una piccola azienda che si occupa di traduzioni, mica il traduttore!). E tuttavia ho sempre saputo che per chi traduce documenti tecnici, legali, medici e così via (destinati a chi lavora per aziende di produzione e commercio, potremmo dire semplificando) si tratta di strumenti non prescindibili per il lavoro, per i due vantaggi innegabili che portano: maggior precisione nei testi tradotti e risparmio di costi inutili.
Ciò era vero quindici anni fa come lo è oggi. Chiaramente oggi il panorama è mutato in maniera radicale, e anche il confine tra traduzione assistita e traduzione automatica si fa più labile e sfumato. Ma questo non significa che non esista.
E dunque il pericolo è che un traduttore, che si è formato sui libri, ritenga che un CAT non sia uno strumento adatto al caso suo; mentre la realtà va proprio in quella direzione, né si modificherà in futuro – semmai la curva salirà ancora.
Quindi, in due parole: un CAT è lo strumento del traduttore, questa è la realtà. Prima si coglie questo fatto e prima, da un punto di vista personale, arriveranno i risultati; e, da un punto di vista generale, il beneficio sarà quello di essere percepiti, come categoria, come dei professionisti preparati e all’altezza del compito.