Nov 14

l'andata

l’andata


Sono stato qualche giorno con mia figlia piccola a Venezia.

Papà e figlia, figlia e papà in un dialogo fitto e continuo, lungo quattro giorni. Io tutto preso dalla meraviglia delle sue scoperte, come gli occhi dilatati dalla sorpresa quando si è resa conto che il ponte di Rialto è così alto; o una lunghissima passeggiata nel sestiere Castello, dove i turisti sono rarissimi, e Michela che mi dice che per lei quella è la zona più bella di Venezia, pareggiata forse solo dai canali dietro l’isola di Torcello, oltre la chiesa, in un luogo dove ci arrivi solo andandoci apposta e/o molto per caso.

La magia è negli occhi di chi guarda, insomma. E penso a Venezia come città in piena difficoltà, perché è di fatto un albergo gigante, un luogo dove vivere è complicato, è resistenza, è un atto d’amore.

E penso a me stesso, anche, a come sono cambiato in questi anni (questo diario è uno specchio abbastanza fedele di questa trasformazione): pubblico e ingessato un tempo, intimista e lieve oggi. E con tanti capelli grigi, è vero; ma che mi paiono quasi medaglie al valore.

il ritorno

il ritorno


Ma soprattutto penso a che cosa significa essere genitore, che in poche parole mi sembra l’essenza della vita stessa. E ritorno a un punto centrale, qualcosa che capisco col cuore ma non ho mai inteso bene con la mente:

This bus ride was it.[…] This was life itself.

Il viaggio in treno, il gatto dentro il negozio, il Canal Grande attraversato di sera, la pioggia e la notte che scendevano, il tramonto visto dalla Giudecca. Questo era. Questo è.

Giu 20

estate
Abbiamo fatto la pazzia, e la responsabilità è innanzitutto mia.

Tutto trae origine da un pensiero: vedere mia figlia piccola così spensieratamente bambina, innocente e felice nei suoi giochi (“La vita è fatta solo di giochi”, ha detto alla mamma non più tardi di un mese fa), e capire, sapere che è al limitare dell’infanzia, che questa sarà forse l’ultima sua estate di bambina; e allora cercare di fermare il tempo, e fermarlo io so che si può solo mirando a viverlo nella sua pienezza intera, nel suo andare, nel suo flusso naturale, con l’idea (forse infantile, e certamente ingenua) che tutto questo contribuirà a rinforzare i miei ricordi di lei quando bambina non sarà più.

Allora abbiamo invitato nel nostro rifugio tra i monti la sua classe intera, per una settimana che è quasi qui. Ed è stato un successone di adesioni: nella prima settimana di luglio saremo in compagnia di ventidue diconsi ventidue bambini scorrazzanti, urlanti, ridenti, felici intorno a noi.

Bambini felici.

Ecco, alla fine delle fini mi sembra che essere genitore sia questo. Cioè mi sembra che in accadimenti come questi sia nascosta una risposta – provvisoria e parziale, per carità – al motivo per cui esistiamo.

(Già, quella notte in cui nacque Roberta capii – intuii, forse, è più preciso – che attraverso quell’angelo di respiro e sangue sarei diventato immortale.)

Sarà una settimana superimpegnativa, ma dove c’è gusto non c’è perdenza. Ne parlerò ancora più di una volta, è sicuro. Ma insomma oggi volevo fissare in questo diario questa idea, rendere chiaro anche a me stesso che fare delle pazzie, a volte, vuol dire esser vivi.

Gen 11

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Ho tardato a pubblicare oggi perché l’idea per il post mi è nata solo ieri sera tardi, e avevo bisogno di elaborarla, di “cucinarla” nel mio laboratorio di scrittura, e di chiedere – prima che fosse fuori – il parere e i consigli di mia figlia piccola nella maniera di cui dirò tra poco.

Tutto nasce da una combinazione di due fatti:

– sto leggendo questo libro. L’autore lo conosco bene (ne ho parlato ad esempio qui), il suo concetto di flow è un pilastro per le prestazioni in diversi campi;

– ieri, domenica, ho passato tanto tempo con mia figlia piccola a giocare insieme e fare altre cose (ma giocare soprattutto, anche perché per lei ogni cosa del mondo è un gioco). E se ieri nel gioco c’era solo il gioco e nessun’altra considerazione, pensandoci oggi ho capito che lei mi insegna tante cose del flow che sa per istinto, per natura: e dunque frutto laterale del giocare con lei è l’imparare come se si stesse leggendo un libro. (Ciò vale per tutti i bambini del mondo, naturalmente.)

Faccio un passo indietro: che cos’è il flow? Una buona definizione iniziale si trova qui, ma in parole povere è uno stato della mente in cui la persona è talmente assorta nel suo compito da dimenticarsi del mondo esterno e dal ricavare massima soddisfazione da quello che sta facendo.

(Nota laterale: mente e corpo non sono due entità distinte, ma un unicum, un uno tutto, un continuo. Questo il golf me lo ha fatto presente in maniera netta: dopo anni di deliberate practice mi è stato chiaro che la persona è un continuum, che non c’è confine tra il corpo e la mente. E questo vale nello sport, nella professione e in qualunque attività.)
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E per traslare questi concetti nel lavoro, dirò che il “buon business” auspicato da Csikszentmihalyi è ciò a cui da sempre, per istinto prima che per ragione, tendo. Ovvero, alla radice delle cose il concetto è questo: avere buoni rapporti con tutti gli stakeholder relativi al tuo lavoro (clienti, fornitori e così via) è una sana pratica di lavoro e di vita perché arricchisce dal punto di vista mentale la tua vita, la rende piena di significato, ti gratifica; e dopo, ma solo dopo e solo come conseguenza, è un vantaggio dal punto di vista economico.

In soldoni: lavorare bene si deve e conviene perché si vuole lavorare bene, perché si ha piacere e gioia nel farlo. Il guadagno viene soltanto dopo, solo come conseguenza. Lo dice bene Pavese:

L’ignorante non si conosce mica dal lavoro che fa ma da come lo fa.

Nel corso della vita i soldi si guadagnano e si perdono, le cose vanno bene e vanno male, ma non è questo il punto. Il denaro è decisamente sopravvalutato da questo punto di vista. (Non che non sia importante, non venirlo a dire a me dopo questi anni di tribolazioni e gente che, anche se non lo farà mai, dovrebbe chiedermi perdono; ma non è il cuore delle cose.)

Anni fa, quando dopo un lungo viaggio ritornai al punto di partenza, riportando la sede di Tesi & testi proprio nel luogo dove era nata, che è lo stesso luogo che fu sogno imprenditoriale e di vita di mio nonno Giovanni, il palazzo che ha segnato la storia della mia famiglia negli ultimi cento anni, scrissi:

Uno dei motivi più inconfessati e reconditi del mio essere imprenditore è proprio il seguire le orme del nonno, la sua idea di giustizia e rettitudine a prescindere da qualunque altra cosa.

Insomma capisco che le cose sono circolari, che tutto ritorna, che fare le cose in maniera giusta è il cuore del nostro lavoro e, probabilmente, della nostra intera vita. Tutte cose che mia figlia piccola sa per istinto. È per questo che, prima di pubblicare, le ho chiesto di leggere il pezzo e di darmi la sua opinione:
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Quanto a me, io ci metto anni ad arrivare allo stesso punto perché sono lento in tutto ma ci arrivo, ci arrivo.

Mar 23

Rio Tepice
Aveva spiovuto, ieri.

Ho preso la macchina con mia figlia piccola e due suoi amici e siamo andati al rio, che è il luogo per eccellenza della mia infanzia, spazio di avventure senza fine. Un giorno chiesero al mio migliore amico dove eravamo stati e lui rispose con fierezza: “Siamo andati a esplorare nuove terre”. Quella era vita!

A pensarci ora mi sovviene Pavese:

Oh da quando ho giocato ai pirati maltesi,
quanto tempo è trascorso.

Ma non ci sono andato per questo, no no. È stato un caso tangenziale cui ho pensato solo dopo, e nemmeno così tanto. Il motivo vero era la magia, ovvero la magia del mondo visto con gli occhi dei bambini. Tutto era magico per loro: attraversare un ponte, una lumachina, una pozzanghera profonda due dita, una pianta solo un poco fuori dell’ordinario.

Ci siamo infangati, ci siamo divertiti, sono stato un poco bambino anch’io con loro. Cioè insomma la felicità è elusiva e semplice allo stesso tempo, e un bambino può insegnarti tantissimo su di essa. La si può prendere per la coda, come un passero. Quasi un pensiero che ti passa davanti agli occhi e dopo ti chiedi che cos’è, senza capirlo davvero.

Questa mattina uno di loro mi ha detto: “La prossima volta ci andiamo di nuovo!”

Allora ho compreso: uno dei grandi mali che ci affligge è il pensare per prima cosa al nostro bene, mentre se riusciamo per un momento a dimenticarcene e a guardare il mondo con gli occhi di un bambino allora cose meravigliose possono accadere.

Aveva spiovuto, ieri.

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