Avevo passato un paio di mesi decisamente frustranti dal punto di vista lavorativo: pochissimi progetti, tempi morti, fatturato di conseguenza in calo pesante. Con la famiglia da mantenere, l’INPS da pagare, qualche attività che voglio seguire. Non è bello, a questa età, avere insicurezze del genere.
Poi, però, è arrivata la provvidenza. La provvidenza nel senso goethiano del termine:
Fino a che uno non si compromette c’è esitazione, possibilità di tornare indietro, e sempre inefficacia. Rispetto ad ogni atto di iniziativa c’è solo una verità elementare, l’ignorarla uccide innumerevoli idee e splendidi piani. Nel momento in cui uno si compromette definitivamente anche la provvidenza si muove. Ogni sorta di cose accade per aiutare cose che altrimenti non sarebbero mai accadute. Una corrente di eventi ha inizio dalla decisione, facendo sorgere a nostro favore ogni tipo di incidenti imprevedibili, incontri e assistenza materiale, che nessuno avrebbe sognato potessero venire in questo modo. Tutto quello che puoi fare, o sognare di poter fare, incomincialo. Il coraggio ha in sé genio, potere e magia. Incomincia adesso.
Nota laterale: per quanto il concetto sia certamente goethiano, queste parole sono in realtà attribuite erroneamente a Goethe. Derivano da una traduzione in inglese molto libera dei versi 214-230 del Faust, ad opera di John Aster (Londra, Cassell, 1835, p. 20).
Seconda nota laterale: mi chiedo – ma morirò senza risposta – perché non sono capace a prendere strade dritte ma per arrivare a qualsiasi punto devo sempre prendere la strada più impervia, più lunga, più tortuosa. Bonassé, diremmo in piemontese di me.
È successo questo: letto di una collega che rifletteva a voce alta su FB delle straripanti assurdità del mercato delle traduzioni, per cui oggi è possibile comprare un servizio a prezzi impensabili anni fa (e non necessariamente quel servizio è pessimo); ponderate le sue parole pacate, che descrivevano senza giudicarla una realtà di fronte ai suoi occhi, ma con l’intento di condividere un’opinione per avere un confronto; atteso che la mia stima per quella collega, che pure non avevo mai visto, era decisamente alta; tutto questo considerato l’ho chiamata e le ho proposto di incontrarci per mettere insieme le nostre idee, le preoccupazioni e le opportunità relative al nostro mestiere per vedere se potevamo arrivare a qualche conclusione che ci permettesse di uscire dall’impasse.
Per preparare l’incontro, per ricavarne il massimo, ho riflettuto a lungo sulla mia attività, sui vent’anni di mestiere, sulle mie debolezze e sui miei punti di forza. Ne ho ricavato un documento di una pagina che era di fatto un piano d’azione. Quello che voglio fare per dimostrare che sono bravo, fuori dai denti potrei averlo chiamato.
Ebbene, la cosa bella – la provvidenza nel senso goethiano del termine – non si è manifestata in ricette magiche provenienti dalla collega (io ho praticato soprattutto l’ascolto attivo con lei), ma nel fatto che l’essermi costretto a riflettere sull’attività mi ha dato visione e respiro. Aria.
Il risultato è stato che esattamente da quel giorno il flusso di lavoro è come per magia (ma la magia non c’entra nulla) aumentato, e da allora – quasi un mese fa – faccio fatica a stare dietro a tutti i progetti. Ma poiché mi sento come rigenerato da quel processo creativo che ha avuto il culmine in quell’incontro il lavoro non mi pesa: lo faccio lietamente perché è bello e giusto farlo.
La provvidenza ha questo potere quasi magico, insomma. La magia del pensare e del fare, del compromettersi, dell’andare oltre. E questa è anche la lezione che ne ho ricavata. Con un grazie sincero alla mia collega.