Mi sorprendevo da solo alle parole che mi uscivano dalla tastiera. Ero a Montemale di Cuneo, frazione Piatta Sottana (la casa delle estati della mia infanzia), davanti a un panorama di pianura e montagne da togliere il fiato. (Panorama peraltro consueto, per me – anche se a certe cose non potrò mai fare l’abitudine.)
Stavo rispondendo a Don Shin, uno degli amici visionari conosciuti nelle varie conferenze sulla traduzione cui ho partecipato negli anni scorsi. Un pazzo scatenato (sia detto con tutto il bene che gli voglio), un ragazzo dal cuore d’oro, un imprenditore brillante: chiedi in giro e la risposta sarà sempre “everybody loves Don”.
Insomma lui mi aveva scritto per chiedermi se avrei partecipato alla conferenza ALC di quest’anno (c’era anche il golf di mezzo). E poi mi dice che vorrebbe leggere il mio libro, che abbiamo tante cose in comune (lo so bene, sebbene lui sia quasi sempre ad almeno un continente e mezzo da me). Insomma anche lui è un adepto della vita 2.0 – solo che probabilmente la chiama con un nome differente.
E io che gli rispondo, stupendomi di me ma con tranquilla fermezza, che mi manca tantissimo l’atmosfera delle conferenze ALC, ma che il lavoro in sé non è più così in alto nella scala delle mie priorità. Che leggo ancora “Inc.” e cose simili, ma che questi argomenti non hanno più per me quell’eccitazione febbrile che avevano in passato. Che la vita 2.0 non è soltanto una visione o un sogno, ma è la mia realtà di tutti i giorni.
È la mia vita quotidiana, indipendentemente dal giudizio di altri. E poi mi guardo intorno, è passato solo qualche giorno e sono in provincia di Grosseto per una golf clinic, mi sembra tutto così difficile da spiegare eppure così lineare, così lampante, così assolutamente semplice: è così perché io voglio che sia così, perché io ho deciso che deve essere così e per nessun altro motivo.
È così per chiunque lo desideri. “Capire, in fondo, è inutile”, direbbe Eduardo; e io non sono così bravo a spiegare. Spiegare che cosa, poi? La tua vita è davanti a te, e tu sei il solo giudice: decidi che cosa vuoi farne (oppure non decidere, lo farà qualcun altro per te), quel che deciderai accadrà. Fine.
Gianni, ho letto il tuo libro “La vita 2.0” – complimenti! Ho notato che sono una versione più avanzata (La vita 2.1?). Ho da sempre gestito il lavoro INTORNO alla mia vita privata e mai viceversa, quindi posso solo essere d’accordo con te su tutti i fronti. Che sia l’età (siamo coetanei) o le esperienze vissute, non lo so, forse tutti e due, ma ora più che mai è importante vivere seguendo questo modello.
Sai Petra, da quando avevo iniziato a fare le ricerche per il mio libro e poi dopo, entrando in contatto con tante persone, mi sono accorto che ci sono tantissimi che sono ben più avanti di me, nel senso che per loro tanti dei concetti che io ho esposto sono naturali e applicati da anni (o da sempre).
E tu sei tra queste persone. La cosa *mi fa molto piacere*: io non pretendo di avere ricette per chicchessia. Dico semplicemente che non è sempre necessario avere il muso, lavorare allo sfinimento eccetera.
“Non sento più il bisogno di soffrire”, per dirla con Jovanotti.
Più in generale: le tante storie che sento di persone felici come te mi mettono allegria, mi fanno capire che la direzione è giusta.
E a me fa piacere leggere che anche altri vivono così, che non hanno il telefonino all’ultima moda o altre cose futili, ma una famiglia con cui passare del tempo e degli interessi personali da curare.
Per me, leggere il tuo libro, è stato come dici tu, una conferma che la direzione è quella giusta!
E tutto senza voler togliere nulla al mio lavoro, lo adoro, faccio un mestiere che davvero mi piace e mi ritengo fortunatissima.
Anzi, non sono fortunatissima. Diciamo che ho preso la decisione giusta molti anni fa 🙂