Quali sensazioni provavano i lettori allorché si introdussero sul mercato i primi incunaboli? Che cos’era la lettura per loro, a fine Quattrocento?
Che cos’è la lettura per noi, oggi?
Che cosa sarà dei miei libri adorati che ho sul Kindle anche solo tra dieci anni? Se nel 2020 vorrò andare a ripescare una citazione di un libro che ho letto ora in versione digitale sarò in grado?
Perché oggi, nel 2013, se voglio comprare un libro che mi interessa veramente, un livre de chevet, propendo piuttosto per la versione su carta nonostante il costo superiore?
Impressionerò ancora qualcuno che verrà in casa mia coi miei libri, un domani, mostrandogli tutte le opere che ho sul Kindle (od omologo che ci sarà allora)?
Perché la lettura, che è un’attività che assolutamente adoro – assolutamente, senza riserva alcuna – mi procura delle ansie? Be’, il perché lo so, è per via di questa commistione tra analogico e digitale; ma non sono – non sono ancora, perlomeno – in grado di approfondire gli aspetti negativi di questa sensazione, non riesco a capire dove mi porterà.
A questo si aggiunge l’inevitabile appiattimento dei contenuti: accorciare la filiera editoriale vuol dire anche che chiunque oggi può diventare con facilità editore di se stesso; e allora i lettori finiscono per comprare dei libri di cui non hanno bisogno e del cui acquisto si pentono appena iniziano la lettura. (Been there, done that.)
La lettura è liquida, insomma; e questo non è di per sé un fatto negativo. Forse devo imparare a distinguere tra l’oggetto libro e la conoscenza e il piacere estratti dai libri. Non lo so, non capisco bene. Vorrei capire ma non riesco a sistematizzare la questione.