Mar 31

Grazie al caro Zu che ne parla qui sono arrivato a questo articolo.

Parentesi: invito a leggere quel breve post di Zu, e soprattutto a seguirne i link (lui è un mago delle scatole cinesi, chapeau. Perché questo è solo uno dei tanti possibili, ma certamente è un uso efficace del Web). E allora scopri, per esempio, che

per fare le cose bisogna farle.

Lo sappiamo tutti, è vero; ma anche che il re fosse nudo lo vedevamo tutti, però chi aveva il coraggio di dirlo?

Tornando al concetto di tempo, ecco un’autodescrizione della generazione degli overwhelmed, nelle parole dell’autrice del libro recensito nell’articolo:

Sempre indietro e sempre in ritardo, con un’ultima cosa e poi un’ultima cosa e poi un’altra ultima cosa da fare prima di andare.

A me capita, ma segno le volte. Normalmente il tempo mi basta – mi deve bastare, perché ad un certo punto finirà. E soprattutto è un tempo scandito, non raffazzonato da una cosa e dall’altra mischiate insieme per fare e produrre sempre di più. Faccio i miei errori, certo – e marchiani, pure –, ma quando lavoro lavoro davvero, e così ho il tempo per fare anche altre cose che compongono la mia vita. Non sono un maestro, ma dico che non è difficile.

Il tempo è bastevole, sta a noi organizzarci al meglio per spenderlo in maniera da dargli valore e significato. Richard Koch illustra bene la questione:

It is not shortage of time that should worry us, but the tendency for the majority of time to be spent in low-quality ways. Speeding-up or being more “efficient” with our use of time will not help us; indeed, such ways of thinking are more the problem than the solution.

E quindi la mancanza di tempo non è altro che mancanza di priorità; o anche, per dirla con Pascal,

tutte le nostre miserie derivano per lo più dal fatto che non siamo capaci di restare seduti tranquillamente da soli in una stanza.


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