Abbiamo parlato di come scrivere un curriculum, giovedì.
Mi rendo conto che sono argomenti prosaici, molto terra terra; ma del resto le basi servono per costruire carriere solide (non ne sono ingrediente sufficiente, questo no).
Parlando in seminari come questi la mente mi va spesso al me stesso di vent’anni fa, quando mi trovavo in situazioni simili. Sarei stato un bravissimo editor, per dire; ma mi mancò il coraggio di presentarmi di persona a Giulio Einaudi, che mi avrebbe certamente accolto nella sua squadra.
Poi presi altre strade; sostanzialmente costruii quel lavoro che, allora come ora, scarseggiava. Fui fortunato, certo; e credo anche che le condizioni di oggi siano ben diverse da quelle di allora.
Io, ad ogni modo, sono partito da quello che abbiamo (che può anche non essere molto) e da lì ho cercato di costruire. Sono partito da regole base, che potrebbero apparire scontate ma non lo sono:
– ho ricordato ad esempio il fatto che Carducci ai suoi esami di letteratura italiana all’università di Bologna bocciava chiunque si presentasse con cognome e nome;
– ho parlato di quell’aberrazione che è il formato europeo (fatti salvi i casi in cui è strettamente richiesto).
Ho presentato alcuni casi reali di mail ricevute nel corso degli anni che contenevano frasi degne del miglior Io speriamo che me la cavo; e non l’ho ricordato, ma per tanti anni ho coltivato un mezzo progetto di scrivere un libro con esempio reali di curricula ridicula ricevuti. (Ma era già uscito questo libro, e insomma non avrei avuto molto da aggiungere.)
Ora altri interventi arricchiranno e completeranno il corso. Quanto a me, poiché adoro le citazioni terminerò ricordando le parole di Pavese (Il mestiere di vivere, 16 agosto 1950):
La mia parte pubblica l’ho fatta – ciò che potevo. Ho lavorato, ho dato poesia agli uomini, ho condiviso le pene di molti.