La settimana scorsa sono stato travolto – positivamente travolto – dalle reazioni a questo post, ovvero all’intervista fattami da Daniel Tarozzi nel mio rifugio tra i monti e all’articolo scritto da Paolo Cignini. Ne faccio ora qualche considerazione.
Innanzitutto, un plauso va a queste due persone che hanno svolto un lavoro professionale e appassionato. Io ho solo raccontato la mia storia; e in seguito alle reazioni e ai commenti mi rendo conto (non che non lo sapessi, ma insomma è una conferma) che alla fine delle fini tutti abbiamo problemi e aspirazioni simili. Quindi qui vorrei dare alcune indicazioni che potrebbero essere utili a terzi.
Partiamo dalle precisazioni, tanto per sgombrare il campo.
La vita 2.0 è un processo che si affina nel tempo, che richiede metodo, costanza, lacrime, sudore e sangue (sudore soprattutto). Non è detto che sia così per tutti: a volte rimango stupito (non dovrei, lo so) nel vedere persone che ci mettono un attimo a fare passi che a me hanno richiesto anni. Ma in ogni caso non puoi pretendere di trovare la ricetta pronta: ciascuno dovrà adattare le conoscenze, le strategie e le tattiche al suo proprio caso.
Alcuni punti di partenza (senza un ordine particolare):
– il libro di Tim Ferriss (fondamentale);
– la tecnologia;
– tanto pensiero, tanto lavoro su di sé.
Una parola sulle “ricette”. Le ricette non esistono! Questo percorso è una faccenda laboriosa, un percorso da compiere prima di tutto su se stessi. Un cammino lungo anni, costellato (parlo per me) di errori e di strade sbagliate. “Se devi sbagliare fallo in fretta”, come dice Greg Norman.
Nessuno dice che è facile. È un percorso che si può compiere ma che costa fatica e richiede tempo – anni, non mesi o giorni. Occorre fare un grosso lavoro su di sé, occorre mettere in discussione assiomi consolidati della propria vita. Occorre pensare tanto, occorre sperimentare. Occorre essere consapevoli del fatto che si farà una marea di errori, che si prenderanno mille strade che non portano da nessuna parte. Occorre leggere tantissimo. Alla fine, applicando le conoscenze apprese e con un po’ di fortuna si arriverà a un risultato. Le maniere per cambiare esistono, poi sta a noi darci da fare.
Altro punto: mi trovo a fronteggiare obiezioni che ho già sentito mille volte. Sempre le stesse. La più tipica è “eh, beato te che lo puoi fare…” Sul punto vedi anche qui. Via tutte le balle: se tu mi dici “beato te” vuol dire che preferisci il tuo cuscinetto comodo, le tue abitudini consolidate a una strada impervia ma che può essere piena di sorprese positive.
Oppure mi dici che questa è roba per ex-manager che mollano tutto e vanno a vivere in Nepal. Allora non hai capito un cazzo.
Io non ho ricette né doti particolari, ho “solo” organizzato informazioni e conoscenze per arrivare a un risultato concreto. E so per certo che chiunque può farlo; ma so anche che la maggior parte delle persone dirà cose come “eh, beato te che puoi permetterlo”, “sì, ma io lavoro come dipendente” eccetera eccetera. Sono discorsi che sento da anni; ma intanto il tempo passa per tutti.
L’esperienza è condensata nel libro. Ma il libro oggi, passati cinque anni (Where has time gone?), mi soddisfa solo fino a un certo punto. È per questo che sto pensando alla versione 2.1, di cui darò conto nel tempo. Per ora mi accontento di condividere i miei pensieri, i miei successi e i miei fallimenti. Servirà a qualcuno? Non lo so, questo puoi saperlo solo tu.
Mi hanno fatto un video: https://t.co/LHHd4ydRmr [alcuni spunti sulla liberazione del tempo] https://t.co/kDKQSzkqlv
“Sono discorsi che sento da anni; ma intanto il tempo passa per tutti” è la frase da incorniciare e mettersi ben in evidenza.
Mi piace molto la tua idea di scrivere la versione 2.1 del tuo libro, ho trovato ottima la versione 2.0 (meriterebbe una diffusione maggiore) e leggerei volentieri un aggiornamento, visto anche la rapidità con cui cambiano i contesti attorno a noi.
Grazie per le tue belle parole, Ylenia. In effetti il mio problema principale non sono gli errori che commetto e le magagne, ma è il fatto che ho già 48 anni. Questo è il problema fondamentale, quello che dà benzina al pensiero, che mi spinge a fare cose che domani, ahimè, non potrò magari più fare.
Quando alla versione 2.1 del libro sì, l’idea è di correggere il tiro, migliorare le indicazioni, Senza voler essere un guru (mi farebbe ridere), ma presentando il mio e altri casi reali per stabilire una base solida da cui partire.
[…] Mi hanno fatto un video Gen 25 […]