Ho camminato tanto per le “mie” montagne in questi giorni. Ho percorso sentieri sconosciuti e mi sono addentrato in percorsi mai visti, mi sono perso nei boschi (non è che non mi piacciano le cose lineari, è che proprio non sono capace a seguire una strada diritta).
Non ho pensato molto – pensare, almeno qui, non serve a molto –, ho soprattutto ascoltato. Ascoltato lo stropicciarsi delle foglie sotto le scarpe, ascoltato il concerto della primavera che è ormai prossima, qui; ascoltato il vento che mi riporta alla memoria i miei giovani anni, quando immemore andavo percorrendo la mia via, ascoltato il gorgoglìo dell’acqua nelle bialere e nei combaj.
Pavese, come spesso accade, mi accompagnava. Il diavolo sulle colline, soprattutto:
Mi tornò in mente nel buio quel progetto di traversare le colline, sacco in spalla, con Pieretto. Non invidiavo le automobili. Sapevo che in automobile si traversa, non si conosce una terra.
E poi, anche, come cosa bella ho visto piccolissimi segni di un mondo che, dopo essere finito, rifiorisce contro ogni logica e ogni convenienza: lo vedo nelle case che vengono ristrutturate (Chi vuoi che venga da queste parti, oggi? Eppure…), nella testarda convinzione di persone di buona volontà di far vivere un rifugio. E il punto non è tanto che quel rifugio merita di vivere perché può contribuire al benessere, in senso latissimo inteso, di una comunità, no: il punto è fare delle cose perché questo dimostra a noi stessi che siamo persone di buona volontà e che sappiamo guardare oltre l’oggi, oltre noi stessi.
Insomma qui c’è una natura che mi accompagna e c’è un mondo che, a ben vedere, inizia a rifiorire, proprio come una primavera dello spirito. Non importa se domani io sarò ancora qui a registrare quel che accade in queste bande: tutto ciò è bello e magico, ed è sufficiente.
Una nuova primavera: https://t.co/RQi8rT6nIw [qui c’è un mondo che, a ben vedere, inizia a rifiorire] https://t.co/PgGQ87xE7b