Torno sul mio bilinguismo, di cui ho parlato lunedì scorso, per precisare il concetto dal momento che temo di non essere stato sufficientemente chiaro.
In primo luogo capisco che le lingue sono sempre argomenti delicati, perché entra in gioco l’identità della persona. In più, credo che l’etichetta di “piemontese” abbia per molti un’accezione negativa, perché da un lato fa venire in mente il contadino e le montagne, dall’altra ricorda pagine controverse della storia d’Italia.
Ebbene, il mio piemontese è semplicemente un altro paio di occhiali per guardare il mondo. Se fossi nato da un’altra parte avrei un’altra lingua a dare forma ai miei pensieri. Non ho nessuna pretesa di superiorità, nessun desiderio di rivalsa di nessun genere, niente da insegnare a chicchessia.
E poi credo che questa lingua, come tutte le lingue del mondo, sia un’apertura verso l’esterno, certamente non un chiudersi a riccio in un castello dorato dove le persone parlano solo la mia lingua. Il mio bilinguismo insomma mi aiuta a cercare di capire chi è diverso da me; e mi fa apprezzare lingue – e dunque culture – distanti e diverse.
Tutto qui. In maniera molto semplice e tranquilla.
Condivido pienamente!