Apr 01

biblioteca
Umberto Eco sostiene – giustamente – che la propria libreria è in realtà una biblioteca: è sciocca la domanda “ma li hai letti tutti questi libri?”

Non è importante aver letto tutti i propri libri, è importante quel che ti hanno trasmesso e ti trasmettono. (“Cesare Pavese […], l’uomo-libro.”)

Se prendi in mano un incunabolo o una cinquecentina oggi, sono di fatto inutili. Ma anche un libro stampato cinquant’anni fa ha poche chance. Guardo i miei libri: a parte la Treccani, che possiedo per ragioni di famiglia (e che comunque viene consultata forse una volta l’anno), a parte qualche volume Einaudi degli anni Cinquanta (dovuto ai miei studi su Pavese), a parte qualche raro volume dell’Ottocento, la maggior parte dei miei libri è stata pubblicata negli ultimi vent’anni, e più della metà negli ultimi dieci.

E un ebook? Dove sarà – continuo a chiedermi – tra cinque anni l’ebook che compro oggi? Ovviamente la scelta del supporto è un compromesso – il cuore mi direbbe la carta, la praticità è senz’altro digitale –, ma raggiungere un equilibrio è difficile.

Almeno un punto fermo, però, inizia ad apparire: il libro di carta ha per me valore superiore. Lo ha perché nell’ebook mi perdo: è comodo, è più economico, il dizionario mi aiuta e così via ma mi fa perdere i riferimenti. (Certo il fatto ch’io non sia un nativo digitale ha la sua influenza, ma insomma io parlo per me.) Un paio di mesi fa mi trovai a dover decidere, per un libro che desideravo e che volevo come sorta di “bibbia” per un argomento che mi stava a cuore, se scegliere l’edizione cartacea, più cara e che ovviamente avrei dovuto attendere, oppure l’ebook pronto in pochi secondi per la lettura. Scelsi il libro su carta, e oggi non sono pentito.

I libri mi accompagnano, li accarezzo li sfoglio li pulisco, invecchiano con me.


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