Mi preparo a trasferire famiglia, armi e bagagli nel mio rifugio tra i monti. Precorro con la mente le notti silenziose – come puoi chiamare casa un luogo dove le notti non sono silenziose? – e tutto il bello del luogo.
E poi, in sul volgere del mio genetliaco che farà quarantasei – l’avrei detto, a vent’anni, che ci sarei arrivato? sarei anche solo lontanamente riuscito ad immaginarmi coi capelli brizzolati (così recita la mia carta d’identità nuova di zecca)? – rivedrò la mia patria seconda, c’est à dire la montagna in mezzo al mare.
Ecco, non sono tanto questi due mesi di felicità a venire, ma è l’attesa di questo periodo ora imminente che mi riempie l’animo:
Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d’allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo’; ma la tua festa
ch’anco tardi a venir non ti sia grave.
Il mio sabato del villaggio è l’attesa della magia e del tanto bello di cui, nonostante tutto, la vita di ciascuno è piena.
L’attesa delle cose belle http://t.co/9n8fHPtgsG [il sabato del villaggio è l’attesa della magia di cui la vita di ciascuno è piena]